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- di Redazione
di Roberto Tomei
Il giorno 23 gennaio si è tenuto in Roma l'incontro tra la delegazione dell'Infn e i rappresentanti delle Organizzazioni sindacali, tra cui anche l'Usi.
Redazione
Si terrà l'11 febbraio alle ore 20.30 la proiezione, in anteprima nazionale, del docufilm Suicidio Italia - Storie di estrema dignità, presso il Teatro Ghione di Roma.
Era il 2009 quando un gruppo di ex lavoratori Alitalia autoprodusse il docufilm Tutti giù per aria - l'aereo di carta sulla più grande "stangata patriottica", ovvero la vertenza che portò al commissariamento, alla svendita della Compagnia di bandiera e alla nascita della nuova Alitalia/Cai.
Oggi lo stesso ideatore e produttore di Tutti giù per aria, Alessandro Tartaglia Polcini, assistente di volo in mobilità, è pronto per il secondo round.
Prodotto dall'Associazione culturale Ticto in collaborazione con Own Air, il nuovo docufilm dal titolo Suicidio Italia - Storie di estrema dignità, per la regia di Filippo Soldi, con Eugenia Costantini, riparte proprio da dove si concluse il precedente.
"Oggi a noi, domani a voi" gridavano profeticamente i dipendenti dell'ex Compagnia di bandiera.
Oggi quel domani è arrivato. Per tutti.
Gli autori, Filippo Soldi, Maria Teresa Venditti e Andrea Cancellario, collaborando con alcuni ex lavoratori dell'Alitalia, oggi in mobilità, sono partiti da quell'esperienza, sentendo la necessità di aprire lo sguardo ad altre realtà lavorative del Paese. Sono andati ad osservare oltre l'invisibile, talvolta aprendo le porte chiuse dal silenzio dell'informazione. Hanno tentato di scavare dentro un sistema che sta tagliando posti di lavoro, erodendo diritti e annientando le speranze di intere generazioni. Hanno cercato di indagare gli effetti che la crisi ha prodotto sugli individui: la paura, la solitudine, la rassegnazione. Lo hanno fatto a colpi di umanità, prestando un'attenzione particolare alle persone, alla loro vita, ma guardando soprattutto alla loro estrema dignità.
Suicidio Italia è un viaggio dentro le ragioni della crisi.
Intrecciando immagini di repertorio, di manifestazioni, di interviste, con una sezione fiction, il docufilm ci racconta la crisi del Paese nella sua evoluzione più recente e più feroce.
Eugenia Costantini, interpreta il ruolo di se stessa, ovvero di una giovane attrice che prende progressivamente consapevolezza di questa cruda realtà. Sarà lei ad aprirci gli occhi e a guidarci verso una drammatica presa di coscienza.
Numerose sono state le voci autorevoli chiamate in causa a raccontare la loro opinione. Da Gianni Dragoni, che ha cercato di farci comprendere il "mostro" che stiamo affrontando e l'irresponsabilità della classe dirigente italiana, a Marco Travaglio, Paolo Barnard e Paola Musu con le loro posizioni estreme, passando poi per la lucidità e la chiarezza del pensiero di Dario Fo.
Il cantautore romano Luca Bussoletti, che ha firmato la colonna sonora di Tutti giù per aria, è insieme a Riccardo Corso, autore e interprete delle musiche di Suicidio Italia.
Suicidio Italia un nuovo documentario per tentare di capire. Per provare ad alzare la testa.
In occasione dell'anteprima nazionale, la produzione, grazie alla collaborazione di giovani imprenditori del locale Biff di Roma, offrirà un servizio di rinfresco di benvenuto.
Scheda Tecnica
Suicidio Italia - Storie di estrema dignità
Anteprima nazionale: 11 febbraio 2013, ore 20.30
Teatro Ghione, via delle Fornaci 37, Roma
Ingresso: contributo euro 10,00
Comunicato di Amnesty International
L'Italia deve rivedere le politiche che contribuiscono allo sfruttamento dei lavoratori migranti e che violano il loro diritto a condizioni di lavoro giuste e favorevoli e all'accesso alla giustizia.
Lo ha dichiarato oggi Amnesty International, pubblicando un rapporto sullo sfruttamento dei lavoratori migranti nel settore agricolo italiano. Il rapporto si concentra su gravi forme di sfruttamento dei lavoratori migranti provenienti da paesi dell'Africa subsahariana, dell'Africa del Nord e dell'Asia, impiegati in lavori poco qualificati, spesso stagionali o temporanei, per lo più nel settore agricolo delle province di Latina e Caserta.
Il rapporto sottolinea comunque che lo sfruttamento dei lavoratori migranti è diffuso in tutto il paese.
"Nell'ultimo decennio le autorità italiane hanno alimentato l'ansia dell'opinione pubblica sostenendo che la sicurezza del paese è minacciata da un'incontrollabile immigrazione 'clandestina', giustificando in questo modo l'adozione di rigide misure che hanno posto i lavoratori migranti in una situazione legale precaria, rendendoli facili prede dello sfruttamento" - ha dichiarato Francesca Pizzutelli, ricercatrice del Segretariato Internazionale di Amnesty International e autrice del rapporto.
"Il controllo dell'immigrazione può costituire un interesse legittimo di ogni stato, ma non dev'essere portato avanti a danno dei diritti umani di coloro che si trovano nel suo territorio, lavoratori migranti inclusi" - ha sottolineato Pizzutelli.
"L'esito di tutto questo, spesso, per i lavoratori migranti consiste in paghe ben al di sotto del salario concordato tra le parti sociali, riduzioni arbitrarie dei compensi, ritardato o mancato pagamento, lunghi orari di lavoro. Si tratta di un problema diffuso e sistematico" - ha aggiunto Pizzutelli.
Le attuali politiche italiane intendono controllare il numero dei migranti stabilendo delle quote d'ingresso per tipi diversi di lavoratori e rilasciando permessi sulla base di un contratto scritto. Queste quote, tuttavia, sono molto inferiori all'effettivo fabbisogno di lavoratori migranti.
Questo sistema, oltre a essere inefficace e a prestarsi ad abusi, incrementa il rischio di sfruttamento del lavoro dei migranti.
I datori di lavoro preferiscono assumere lavoratori già presenti in Italia a prescindere dalle quote d'ingresso fissate dal governo.
Alcuni lavoratori possono avere il permesso già scaduto mentre altri possono aver ottenuto il visto d'ingresso attraverso intermediari ma non riescono poi a ottenere il permesso di soggiorno.
In questo modo, molti lavoratori migranti finiscono per trovarsi senza documenti che ne attestino la presenza regolare in Italia e rischiano l'espulsione.
La legislazione italiana, inoltre, ha introdotto il reato di "ingresso e soggiorno illegale", stigmatizzando così i lavoratori migranti irregolari, alimentando la xenofobia e la discriminazione nei loro confronti.
Questa legislazione pone i lavoratori migranti nella condizione di non poter chiedere giustizia per salari inferiori a quanto concordato, per il mancato pagamento o per essere sottoposti a lunghi orari di lavoro. La prospettiva, per molti di loro, è che se denunciano lo sfruttamento vengono arrestati ed espulsi a causa del loro status irregolare.
"Le autorità italiane dovrebbero modificare le politiche in materia d'immigrazione concentrandosi prima e soprattutto sui diritti dei lavoratori migranti, indipendentemente dal loro status migratorio, garantendo loro un efficace accesso alla giustizia, istituendo meccanismi sicuri e accessibili per i lavoratori migranti che intendono presentare esposti e denunce contro i datori di lavoro, senza timore di essere arrestati ed espulsi" - ha concluso Pizzutelli.
Ulteriori informazioni
All'inizio del 2011 la presenza di cittadini stranieri in Italia era stimata intorno ai 5,4 milioni, circa l'8,9 per cento della popolazione. Circa 4,9 milioni di cittadini stranieri hanno documenti in regola che li autorizzano a stare in Italia. Si stima che vi sia circa mezzo milione di lavoratori migranti privi di documenti validi, ossia migranti irregolari.
Lo sfruttamento del lavoro dei lavoratori migranti nei settori dell'agricoltura e dell'edilizia in parecchie zone dell'Italia meridionale è diffuso. Essi ricevono paghe inferiori di circa il 40 per cento, a parità di lavoro, rispetto al salario italiano minimo concordato tra le parti sociali e lavorano un maggior numero di ore. Le vittime dello sfruttamento del lavoro sono migranti africani e asiatici e, in alcuni casi, cittadini dell'Unione europea (soprattutto bulgari e rumeni) e cittadini di paesi dell'Europa orientale che non fanno parte dell'Unione europea (tra cui gli albanesi).
Lavoratori migranti indiani e africani, impiegati nelle zone di Latina e Caserta, hanno parlato con Amnesty International in condizioni di anonimato:
"I primi quattro anni dopo essere arrivato in Italia ho lavorato in una fabbrica che confeziona cipolle e patate per l'esportazione. Mi pagavano 800 euro al mese per 12-14 ore di lavoro al giorno. Il datore di lavoro mi diceva sempre che se avessi lavorato duro e bene, mi avrebbe fatto avere i documenti, ma non l'ha mai fatto." ("Hari")
"Lavoro 9-10 ore al giorno dal lunedì al sabato, poi cinque ore la domenica mattina, per tre euro l'ora. Il datore di lavoro mi dovrebbe pagare 600-700 euro al mese; io contavo di mandare 500 euro al mese a mio padre in India. Negli ultimi sette mesi, però, il datore di lavoro non mi ha pagato il salario intero. Mi dà solo 100 euro al mese per le spese. Non posso andare alla polizia perché non ho documenti: mi prenderebbero le impronte e dovrei lasciare l'Italia." ("Sunny")
"Quando non hai i documenti ti danno solo 'lavoro nero', che è mal pagato. Prendiamo dai 25 ai 30 euro al giorno per otto o nove ore di lavoro [2.75-3.75 euro l'ora]. Ma quando ci facciamo male non prendiamo niente." ("Ismael")
"Quando il datore di lavoro non paga, che cosa puoi fare per avere il denaro? Senza documenti, come puoi andare alla polizia? Senza documenti, sei espulso. Ma non hai fatto niente di male...". ("Jean-Baptiste")
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