La Schlein lancia la sua sfida a Giorgia Meloni: vengo ad Atreju se a sfidarmi sei tu Giorgia. Meloni risponde: deve esserci pure Conte, che acconsente. Schlein rilancia: allora deve esserci anche Salvini (e perché no anche Tajani o, dall'altra parte, Fratoianni o Bonelli di Avs? ndr). Insomma un sfida che è già diventata una sorta di pochade.
La sfida lanciata dalla Schlein nell'ansia di diventare la competitor della Meloni (l'anno scorso c'era stata la soap opera della Schlein del nome nel simbolo, ndr) è sbagliata. Sbagliata perché giocata sul terreno della leadership, che è tutto il contrario di "un programma per l'alternativa" alla Destra di cui la sinistra e i progressisti - e, soprattutto, il loro popolo - avrebbero bisogno dopo il triennio meloniano. Ma che tarda ancora a venire per molti motivi: maggiori (politica estera), minori la leadership Conte o Schlein, che è sì il minore ma non meno insidioso se Conte tende a rimandare il programma alle calende greche, mentre la Schlein ha accettato il principio delle primarie di coalizione.
All'interno del "campo largo", c'è chi guarda con eccessivo ottimismo al futuro, ringalluzzito dai risultati delle ultime regionali: la parola magica che circola è "possiamo batterli".
Ma vediamo i numeri reali emersi fra il 2022 e il 2024.
Nell'anno horribilis 2022, grazie a Letta che inseguiva "l'agenda Draghi", alla guisa di Vispa Teresa, Giorgia Meloni vinse le elezioni con 12.300.244 voti, pari al 43,8%. Le opposizioni sparse, che le regalarono la vittoria, presero 13.858.343 voti pari al 49,37%. Se poi si sommano anche le liste minori si arriva al 56,2%; sempre che sia possibile, il che è molto dubbio, sommare in politica le pere con le mele.
L'unico confronto possibile, perché un minimo omogeneo, è con le europee del 2024 in cui la Destra ha preso 10.037.520 voti, pari al 47.42%. Il centrosinistra o "campo largo" - lo si chiami come si vuole - escluso l'impossibile Calenda, ha preso 10.570.202 voti, pari al 48.52%. Quindi fra le politiche del 2022 e le europee del 2024, dopo meno di due anni del governo Meloni, il distacco fra la Destra e il "campo largo" si è ridotto di parecchio, almeno in percentuale: 47.42% per la Destra contro 48.52 per il centrosinistra, grazie allo sbarramento del 4% alle europee non raggiunto né da Calenda né da Renzi, sebbene il "campo largo" abbia preso mezzo milione di voti in più in assoluto alle europee. L'effetto astensione alle europee fu del 51.69% e ha continuato ad operare imperterrito anche nelle regionali del 2025, crescendo ancora.
Per fortuna nella situazione data non ci sono solo i numeri, c'è poi la politica che può rovesciarli, a patto che tenga la barra diritta sulla "questione sociale".
Per questo bisogna sapere che l'alternativa alla Meloni è legata a un programma apposito, altrimenti quel "ce la possiamo fare" servirà solo, alla fine, ad illudere le proprie truppe ma non ad allargare il campo facendo entrare in gioco non solo i "moderati" ma soprattutto gli astenuti dei ceti popolari.
Aldo Pirone
scrittore e editorialista

