La sera del 21 agosto dello scorso anno, guardavo SkyTg24. Ero a casa mia, a Tredozio, sull’Appennino tosco-romagnolo, in pace con me stesso e con il mondo, dopo un Calvario che ha influito sulla mia salute. Sulla TV vedo immagini di crolli provenienti da Casamicciola. In sovrimpressione, i dati dell'INGV: magnitudo 3.6, profondità focale 10 km, epicentro in mare a una decina di km dall'Isola.
Nel passato, avevo avuto occasione di interessarmi alla sismicità di Ischia. In quel tempo ero anche Presidente del CONAG, il Consiglio Nazionale Geofisico che, tra l’altro, sovrintendeva blandamente sulle attività dell’Osservatorio Vesuviano. Come Presidente INGV, anni dopo, l’avevo poi approfondita perché qualcuno vi previde un terremoto devastante, preoccupando il capo della Protezione Civile dell’epoca.
“Qui succede Casamicciola” è un detto famoso che tuttora capita di sentire nel Napoletano. Il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883 ebbe un’eco nazionale e internazionale per le dimensioni della catastrofe e per il tempestivo intervento del governo Depretis. Ma l’evocazione di quella sciagura va oltre la cronaca, la letteratura e i libri di storia. La decina di secondi che devastarono la cittadina termale diventarono una metafora potente della provvisorietà dell’esistenza, del dolore improvviso della perdita, dell’evento traumatico che condiziona il resto della vita. Come nel caso di Benedetto Croce: più di un critico ha scorto un nesso tra il trauma del sisma e la riflessione filosofica. Il diciassettenne Benedetto Croce non sarebbe mai diventato il grande filosofo se quella sera di fine luglio del 1883 non avesse vissuto l’esperienza devastante della perdita di tutta la sua famiglia.
Nove mesi fa, la sera del 21 agosto, pensai che qualcosa non andava nei valori dei parametri che la TV attribuiva all'INGV: o era sbagliata la localizzazione o era sbagliata la magnitudo. Il terremoto era avvenuto alle 20:57 ed ero sicuro che nel giro di una mezz’ora sarebbe arrivata l’opportuna correzione. Passarono ore ma non successe niente. Alle 23:28 decisi di affidare i miei dubbi a un tweet e, senza indirizzarlo a qualcuno in particolare, scrissi: “Pur senza accesso ai dati, penso che 3.6 magnitudo del terremoto di Ischia sia una sottovalutazione. Anche la profondità è da verificare”.
In 140 caratteri espressi un pensiero compiuto: c’era qualcosa di incongruo nei parametri indicati ma potevo essermi sbagliato perché da anni ero fuori dall’INGV. Per quel che ne sapevo, la stessa TV poteva aver detto cose errate.
Un’ora dopo, alle 00:33 del 22 agosto, Alessandro Amato, geologo dirigente di ricerca dell'INGV, con suo tweet mi rispose: “Enzo mi meraviglio di te. Dovresti sapere come funziona. Nessuna discrepanza. Stime diverse in tempi diversi. Che delusione ...".
Mi colpì il tono piccato e paternalistico della frase di Amato: il luminare seccato che si degna di parlare con uno sprovveduto. Mi amareggiò che, prima di rispondere, non avesse ritenuto di controllare se la mia osservazione avesse un qualche fondamento. Mi trattò come si trattano i seccatori.
“Nessuna discrepanza. Stime diverse in tempi diversi”, disse e continua ripetere Amato. Tuttora, a nove mesi dall’evento, ci si continua ad aggrappare al “margine di errore”, addirittura si arriverà a parlare su documenti ufficiali di “normale evoluzione delle ricerche”. Chi si occupa professionalmente di Sismologia sa che gli errori avvengono. Il sistema e l’organizzazione della sorveglianza di una volta consentivano però di riconoscere e correggere tempestivamente gli errori. Dovevano essere ammessi, annullando così a priori l’insorgere di ogni possibile polemica.
È evidente che ad alcuni il concetto di misura fisica non è molto chiaro. Consiglio allora un super-classico sull’argomento: G. CORTINI, S. SCIUTI, Misure ed apparecchi di Fisica, Roma, Libreria Eredi Virgilio Vaschi.
È di lettura agevole, anche se bisogna conoscere un po’ di Analisi Matematica. Si scoprirà che l’entità del margine di errore in una misura non si stabilisce secondo i gusti o secondo le necessità personali di qualcuno, ma in modo rigoroso.
La locuzione “Nessuna discrepanza. Stime in tempi diversi” è destituita di fondamento scientifico. La Sismologia è una scienza fisica di osservazione: le misure sono o giuste, con il loro rigorosamente definito margine di errore, o sono sbagliate. Nel secondo caso, si cercano le cause dello sbaglio, non necessariamente dovute solo all’ignoranza di chi l’ha commesso.
Il tweet di Amato fece proseliti: sconosciuti, identificati solo da nickname, mi insultarono anche pesantemente. Una vera e propria deriva di incontinenti. La cosa che mi ferì un po’ è che quattro o cinque dipendenti INGV mi redarguirono seguendo il tono di Amato. Mi ferì non il fatto che mi avessero biasimato ma che per farlo avessero usato argomenti privi di senso. Scrissi loro una lettera tramite Facebook alla quale poi mi risposero con messaggi di scuse, grondanti stima, affetto e riconoscenza.
Nella notte del 21 agosto raggiunsi, comunque, la sicurezza che il terremoto era avvenuto immediatamente sotto Casamicciola, ad una bassa profondità focale. Peraltro, esperti migliori di me avevano raggiunto indipendentemente le mie stesse conclusioni.
Amato, invece, fermamente convinto che una profondità focale di 10 km sia concettualmente equivalente a quella di qualche centinaio di metri, si lasciò andare a insulti volgari nei miei confronti e a illazioni vergognose di carattere personale.
Gli insulti normalmente mostrano soltanto le caratteristiche di chi insulta e non di colui che viene insultato. Nel caso in questione, egli mostrò contro di me un’animosità giustificata forse dalla necessità di risultare gradito a qualcuno o da vecchi rancori dei quali non conosco le cause. Forse da entrambe le cose. Ma insultare è un’arte: richiede cultura, intelligenza e cattiveria. L’insulto deve essere scelto in modo da ferire e impedire che la ferita si rimargini presto. Amato è persino un bonaccione, un Richter delle periferie, un Mercalli delle aree depresse.
Mi definì "scorretto" e "deludente". Mi accusò di "strumentalizzare" la vicenda senza dire a quale scopo. Insomma, mi descrisse pubblicamente come un povero mentecatto. Sfortunatamente per lui, nel tentativo di demolirmi, non si fermò in tempo: si avventurò in un campo che ritengo non sia il suo forte: la Sismologia. Nell’empito della sua indignazione, paragonò il terremoto di Ischia a quello messicano di Michoacan 1985 e a quello di Carlentini 1990. Evidente buio pesto sulla sismicità ischitana e, per induzione, scarse conoscenze sulla sismicità italiana. Non solo: equiparando Michoacan e Carlentini a Ischia si appalesarono preoccupanti lacune nelle conoscenze di base della moderna Sismologia. Ormai insanabili, data l’età non più giovanissima.
Recentemente ha spiegato che le sue improvvide esternazioni avevano lo scopo di difendere l’ente da attacchi esterni per non esporre il “cittadino contribuente” a scene sgradevoli e per svolgere una difesa d’ufficio dei suoi colleghi di Roma e Napoli che, la sera del 21 agosto scorso, secondo lui, avevano fatto del loro meglio. Bene: io sono un cittadino contribuente e vorrei che un ente che costa 50/60 milioni € all’anno svolgesse proficuamente il suo dovere, secondo la legge che lo istituisce e ne definisce i compiti. È ormai acclarato che i colleghi citati da Amato, la notte del 21 agosto 2017 hanno fatto di tutto fuorché del loro meglio. La cosa a questo punto non può, anzi non deve, essere tenuta nascosta. Quella che lui definisce “difesa d’ufficio” altrove si chiamerebbe omertà.
Un istituto interamente finanziato da “cittadini contribuenti” deve essere per definizione una casa di vetro e può essere criticato da chiunque ne abbia motivo. Non sono riuscito a capire chi è il “qualcuno” che da fuori, secondo Amato, è “andato all’INGV a dar lezioni”. Non io, visto che non metto piede in Via di Vigna Murata dall’agosto del 2011. Sarebbe utile anche che venisse detto esplicitamente in quali condizioni di difficoltà quel qualcuno si sia trovato e che sbagli abbia commesso, ricordandone tutti gli aspetti e gli eventuali responsabili. Il dire e il non dire, le vaghe allusioni perfide mostrano uno stile che mal si addice a chi è pagato dai “cittadini contribuenti” per fare lo scienziato, cioè per dedicarsi alla ricerca del vero e del giusto.
Forse il “cittadino contribuente” non sarebbe d’accordo con Amato che, pur di salvare la faccia, venga considerato accettabile che dirigenti tecnologi, direttori di sezione e addirittura gli stessi vertici dell’Istituto sbaglino addirittura di fronte ad evidenze indiscutibili. E che cerchino di scaricare le loro evidenti gravi responsabilità su chi non c’entra assolutamente niente.
Sarebbe importante che Amato dicesse chi è il “solito ex” che ha riportato il problema sul piano dell’astio personale e della polemica spicciola. È un ex proprio sporco e cattivo e se lo incontro lo prendo a male parole. Tuttavia, il “cittadino contribuente” vorrebbe sapere se ciò che quella brutta persona ha detto è tecnicamente giusto o sbagliato. Il “cittadino contribuente” non è tanto interessato alle polemiche spicciole, anche se astiose quanto, se sbaglio c’è stato, a conoscere in che cosa consista l'errore. Vorrebbe anche sapere che provvedimenti siano stati presi o si intendano prendere (anche se con ingiustificabile ritardo) per coloro che hanno sbagliato.
Amato si preoccupa della perdita di credibilità dell’Istituto. Nel periodo 2004-2010, l’INGV era stato valutato come il miglior ente di ricerca italiano ed era considerato credibile anche in campo internazionale. Riceveva addirittura i complimenti della Corte dei conti. Il merito, sia chiaro, è stato tutto di un gruppo di ricercatori piazzati al posto giusto e lasciati il più possibile liberi di dedicarsi ai loro interessi scientifici.
Nell’ultima valutazione l’INGV è stato classificato fra i peggiori. Addirittura, gli hanno negato la possibilità di svolgere il dottorato di ricerca in Geofisica perché non considerato all’altezza.
Si rende conto Amato che il più grande Istituto europeo di ricerche geofisiche, uno dei più grandi al mondo, uno dei meglio finanziati, non è stato valutato all’altezza di svolgere corsi di dottorato di ricerca in Geofisica? Chissà che critiche devastanti egli avrà rivolto ai responsabili! Chissà che lettere infuocate! Per nulla al mondo vorrei essere nei loro panni!
Chissà se Amato è in grado di soddisfare una mia curiosità: quando me ne andai, l’INGV aveva in cassa una quantità di denaro tale da consentire l’assunzione di tutti i precari nel caso in cui fosse stata ampliata la pianta organica, di pagare buona parte degli stati di avanzamento della sezione di Pisa e di ristrutturare l’edificio di Palermo, sottratto alla mafia, regalatoci dal Comune. Che fine hanno fatto tutti quei soldi?
A che punto sono i contatti molto avanzati che avevo iniziato con Autorità napoletane per ottenere una sede prestigiosa per l’Osservatorio Vesuviano? Il mio primo successore, Domenico Giardini, interessato forse più alla ricerca di una cattedra alla Sapienza che alle sorti dell'ente, fece solo una cosa memorabile: senza spiegazioni, mise in mezzo a una strada dodici precari. Nell’occasione Amato protestò?
Amato conosce la vicenda di un ricco finanziamento che il Ministro Maria Stella Gelmini subito dopo il terremoto del 2009 concesse all’INGV, perché fu entusiasta della mia idea di creare, al più presto nel centro distrutto di L’Aquila, una sezione dello stesso INGV affinché proprio la Sismologia fosse il primo passo nella strada della rinascita. Il mio secondo successore, definito con “carriera universitaria a medio livello” da chi lo aveva nominato, ritenne di inaugurala una seconda volta, per poi farla spostare in una lontana periferia. Che ne disse Amato?
Senza fare allusioni chiedo: chi pagherà i danni e chi subirà le conseguenze delle gravissime omissioni commesse?
Ricordo ancora una volta come andò la vicenda ischitana. Tutto partì da Antonio Piersanti, il funzionario che da Roma, con la Rete Sismica Nazionale concepita per gli Appennini e ignorando le reti locali, la sera del 21 agosto localizzò il terremoto servendosi di un modello crostale assolutamente non adatto a una zona vulcanica. Una cosa priva di senso. Piersanti ama definirsi un rigoroso cultore dell’etica nella Ricerca Scientifica. Sostiene, in collaborazione con il noto esperto Giampaolo Giuliani, la prevedibilità dei terremoti, come mostrano le conversazioni fra i due su YouTube. Data la gravità della situazione creatasi, è lecito chiedersi: si possono prevedere i terremoti se non si riesce a localizzarli? Sembrerebbe di sì, visto che recentemente l’Istituto ha affidato a Piersanti lo sviluppo di una nuova rete di monitoraggio geodetico-geofisico-geochimico.
Son trascorsi circa nove mesi dall’agosto 2017. Ancora non si conoscono le spiegazioni del direttore del Centro Nazionale Terremoti. In silenzio anche la direttrice del Dipartimento Terremoti.
Dovrebbero ricordare che nel decreto n. 31 del 5 aprile 2018 della Regione Campania si legge che il terremoto ha provocato danni al turismo per 40 milioni di euro ad Ischia e di 120 milioni per la Regione; 20.000 persone hanno perso il lavoro senza disporre di ammortizzatori; 2000 aziende sono a rischio chiusura; nel periodo natalizio si è verificato un notevole calo di presenze; sono diminuite le prenotazioni per la primavera-estate: ne potrebbe risultare un calo del fatturato dal 30 al 60%.
Passarono quattro giorni prima che venisse reso noto l’ipocentro e quanto fosse stato grande il sisma. Il terremoto fa paura, ma una comunicazione tempestiva e credibile mette le persone in grado di prendere decisioni meno emotive. La mancanza di comunicazioni attendibili provocò l’esodo dei villeggianti. Comunicando che un piccolo terremoto lontano e profondo aveva generato seri danni a Casamicciola hanno dato di Ischia un’immagine ingiusta e devastante per un luogo a vocazione prevalentemente turistica. L’hanno fatta apparire costituita da edifici fatiscenti e abusivi, che crollano anche in seguito a sollecitazioni modeste.
L’energia del terremoto fu almeno 10-20 volte maggiore di quella indicata dall’INGV. La profondità focale non fu una decina di km, come dissero tirando ad indovinare, ma solo qualche centinaio di metri sotto Casamicciola. L’accelerazione massima del suolo fu talmente forte da creare problemi a edifici ben costruiti.
Qualcuno dovrà pagare le conseguenze di errori evidenti, di lentezze ingiustificabili e vergognose mistificazioni. Si spera che questa vicenda serva se non altro a far capire che la sorveglianza geofisica e la corretta comunicazione tempestiva, 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno, non sono attività opzionali. Non sono seccature da affidare a principianti durante le vacanze estive. Sono le attività fondanti dell’INGV al servizio di un Paese fortemente sismico e dei suoi abitanti. Sono attività che consentono di pagare, con denaro pubblico, gli stipendi di un migliaio di persone e ricche indennità ai vertici dell’Istituto.
Senza le attività di sorveglianza, e le responsabilità che necessariamente ne discendono, tanti anni fa l’ING sarebbe stato probabilmente soppresso e l’INGV non avrebbe mai visto la luce.
Infine, la domanda obbligatoria: chi pagherà e come pagherà per il crollo verticale della credibilità dell’INGV, fino a una decina di anni fa ai vertici della Ricerca Scientifica nazionale e internazionale e punto di riferimento per i cittadini, per le istituzioni centrali e per le istituzioni periferiche?
I tentativi di Amato di far ricadere la responsabilità su qualcuno che è fuori dall’Istituto da sette anni sono patetici prima di essere comici. Rivolga la sua attenzione ai veri responsabili dell’evidente disastro. Cominciando da sé stesso.
Già Presidente ING-INGV 1982-2011