Francesca e Fabio Funiciello hanno recentemente curato un libro “Renato Funiciello, un geologo in campo”, pubblicato da Anicia, per ricordare il loro padre scomparso prematuramente nel 2009.
Al volume hanno contribuito una cinquantina di colleghi e amici. Anch’io ho contribuito e, con l’accordo di Francesca e Fabio, mi fa piacere riassumere il mio testo qui sul Foglietto e raccontare alcuni episodi condivisi con Renato. Consiglio la lettura del volume intero, che spazia negli ultimi cinquant’anni delle Scienze della Terra.
Renato Funiciello, anzi Funik, come lo chiamavano affettuosamente i suoi allievi, era un eretico nell'ambiente geologico. Sosteneva per esempio che in Italia i corsi di laurea in Geologia non fossero più adeguati ai tempi nuovi e che fosse necessario potenziarli dando spazio ai metodi della matematica e della fisica. Fu uno dei motivi che lo indussero a lasciare La Sapienza e a dedicarsi alla fondazione della terza Università di Roma, Romatre ove poi ha sviluppato la migliore scuola di Geologia moderna che abbiamo in Italia.
Assieme costituimmo il Dottorato in Geofisica con una convenzione fra le Università di Bologna, Napoli e Romatre e l'Istituto Nazionale di Geofisica. Volevamo annullare la separazione culturale fra geologi e geofisici, come già era avvenuto in molti Paesi con lo sviluppo della Tettonica a Placche. Sono importanti solo i traguardi e i metodi necessari a raggiungerli e non i titoli di studio. Poi Stefano Gresta, divenuto presidente INGV dopo la subitanea rinuncia di Domenico Giardini, ritenne di azzerare l’iniziativa.
I miei primi incontri con Renato avvennero sporadicamente durante tutti gli anni '70 quando andavo a Roma per le riunioni del Progetto Finalizzato Geodinamica. Cominciammo a vederci frequentemente a partire dal 1982, quando fui nominato Commissario Straordinario dell'ING, all’epoca molto piccolo e molto povero. Ci volle un grande impegno da parte di un gruppo iniziale esiguo di persone entusiaste per trasformarlo in uno degli enti geofisici più grandi e meglio finanziati al mondo.
Inizialmente, a Roma mi sentii perso: un mondo di cui sapevo poco o niente. Degli ambienti ministeriali e culturali romani non conoscevo quasi nessuno. Grazie all’allora Ministro del Tesoro Nino Andreatta che mi aveva voluto all’ING, ebbi modo di incontrare il Direttore Generale del Ministero della Pubblica Istruzione Domenico Fazio che fortunatamente fu poi molto generoso con l’ente.
Però avevo bisogno di molto altro. Fu così che mi rivolsi a Funiciello, che a Roma conosceva tutti. Mi fece incontrare fra gli altri Giovanni Berlinguer, Edoardo Amaldi, Antonio Ruberti Rettore della Sapienza prima e poi Ministro della Ricerca. Incontri di grande importanza per lo sviluppo dell'Istituto: si era ancora sotto l'emozione del terremoto dell'Irpinia del 1980 e c'era un interesse autentico per lo sviluppo della Geofisica.
Ricordo un incontro, insieme a Renato, con Amaldi. L'argomento erano le onde gravitazionali. Alla Sapienza stavano sperimentando un sensore per misurarle, sensore che però registrava tutto, in particolare le oscillazioni libere della Terra. Amaldi, gentilissimo e attento, mi sottopose ad un esame sui moti e la dinamica della Terra. Io sudavo, mentre Renato aveva la sua solita espressione giocosa e divertita, quella di colui che sta prendendo in giro il mondo intero.
Nel 1986, nella sede ING di via di Villa Ricotti, celebrammo il cinquantenario dell'Istituto, fondato nel 1936 dal Nobel per la Fisica Guglielmo Marconi. Alla celebrazione partecipò anche il Ministro della Pubblica Istruzione Franca Falcucci. Renato, durante il buffet, parlò a lungo con il Ministro provocandone grandi risate. Gli chiesi che cosa aveva provocato l'ilarità del Ministro, mi rispose che l’aveva consigliata su cosa doveva fare dell'ora di religione. All’epoca l'ora di religione nelle scuole era un tema di grande rilievo politico.
Dopo l'incontro con Amaldi, Renato se ne uscì con una delle sue tipiche espressioni con accento romanesco volutamente esagerato: "Amo svortato!". Mi spiegò che se alla Sapienza si era apprezzati da Amaldi si diventava praticamente intoccabili. "Svortare", nel senso di avere una svolta positiva. Mesi dopo mi fu proposto di trasferirmi alla Sapienza. Renato anni dopo mi fece una proposta analoga per Romatre. Ma io per nulla al mondo avrei abbandonato Bologna.
Molto gradevoli furono gli incontri con Ruberti, un uomo dotato di grande senso dell'umorismo, molto affezionato a Renato. Gli chiedevamo di tutto e di più. Una volta ci convocò alla Camera dei Deputati. Mentre parlavamo, il Ministro fu chiamato perché doveva correre in Aula per un'importante votazione. Lo accompagnammo e ci disse di aspettarlo all'ingresso dell'Aula. Mentre aspettavamo arrivò un commesso in alta uniforme tutto trafelato dicendo che assolutamente non potevamo star lì. Noi dicemmo che stavamo ubbidendo a un ordine ministeriale e lui ci disse che ci faceva arrestare. Renato divertito: "Enzo pensa che bello; domani sui giornali: arrestati due sedicenti geofisici che si aggiravano in luoghi proibiti del Parlamento. Spie? Terroristi? Il Ministro Ruberti nega di conoscerli ..." Il commesso ci guardò a bocca aperta e, senza una parola prendendomi per un gomito, ci accompagnò in un corridoio.
Nel frattempo stavamo riorganizzando l'ING, modernizzandone lo Statuto. Nel 1987, Renato entrò nel consiglio di amministrazione rinnovato e lo nominammo all'unanimità Vicepresidente. Vi rimase fino al 2000, contribuendo a risolvere difficoltà complesse. Il problema dei problemi dell'ING era la sede. La sede storica di via Ruggero Bonghi, una trasversale di via Merulana, era del tutto inadeguata: un grande appartamento in affitto in un condominio dove stava l’amministrazione. Il personale scientifico era parcheggiato presso l'Osservatorio Astronomico di Monte Porzio Catone, a più di un'ora di macchina dal centro di Roma. Riuscimmo a trovare una sistemazione temporanea in un grande palazzo che apparteneva alla Polizia in Via di Villa Ricotti, a due passi da piazza Bologna. I legittimi proprietari, i Poliziotti, ci avvertirono, però, fin da subito, che saremmo potuti restare lì solo poco tempo perché nel breve periodo si sarebbero allargati.
L'Istituto possedeva un terreno in via di Vigna Murata, dono della Provincia di Roma a Enrico Medi quando dirigeva l'Istituto. I problemi più difficili furono le procedure burocratiche, estremamente complesse, per ottenere l’autorizzazione a costruire. Renato e Cesidio Lippa, direttore generale ING, fecero miracoli. In tempi brevissimi per le consuetudini romane, riuscimmo a costruire una parte considerevole della nuova sede, che fu poi completata qualche anno dopo.
Non tutti lo notano, ma un'istituzione scientifica, che ha l'ambizione di divenire un riferimento mondiale nei suoi settori di competenza, necessita di una sede prestigiosa e di un logo riconoscibilissimo! Ricevemmo moltissime testimonianze che avevamo centrato in pieno il nostro scopo in entrambi i casi.
Agli inizi, l'ING aveva bisogno di "buona stampa". Nessuno lo conosceva o veniva confuso come uno dei tanti centri di ricerca CNR. Renato mi fece conoscere Oliviero Beha, un giornalista suo carissimo amico, purtroppo scomparso recentemente. Beha, che scriveva su Repubblica, ci dedicò una pagina intera e ci aiutò a catturare l'attenzione dei media. Da allora, con l'aiuto prezioso di Franco Foresta Martin, giornalista scientifico del Corriere della Sera, cominciò un processo di divulgazione sismologica che rese notissimo l'Istituto. Venivo spesso invitato al Maurizio Costanzo Show e a Porta a Porta a parlare di ambiente e terremoti.
Giuseppe Zamberletti, ministro della Protezione Civile, un giorno ci chiese chi era il nostro addetto stampa perché l'allora Presidente del Consiglio Craxi lo voleva conoscere. Tutto nasceva dai due missili Scud che la Libia aveva lanciato in prossimità di Lampedusa il 15 aprile del 1986. Un momento delicatissimo. Noi ne approfittammo per comunicare subito il momento delle esplosioni e una stima della loro localizzazione, esagerando un po’ la nostra bravura. Ne parlarono a lungo tutti i media, italiani e stranieri, perché era la sola notizia certa, quando ancora non se ne era capito quasi niente. Fu il momento in cui, come ING, potemmo dire definitivamente “Amo svortato”.
Ho conosciuto i più famosi scienziati della Terra della mia generazione, di quella precedente e di quella successiva. Italiani e stranieri. Gentili e generosi come Renato potrei però contarli sulle dita di una sola mano. Non era invidioso dei successi altrui. Non l'ho mai sentito esprimere giudizi negativi su altri per il gusto di danneggiarli: coglieva sempre gli aspetti positivi delle persone e delle situazioni. Con questo non significa che Renato fosse un bonaccione; anzi era capacissimo di arrabbiarsi anche duramente con me. L’ultima volta fu in connessione al terremoto dell’estremo oriente, nel giorno dopo il Natale del 2004, il terremoto del grande tsunami.
A mio avviso, i suoi meriti scientifici non sono stati riconosciuti in maniera adeguata dal suo stesso ambiente. Ero nell'Accademia dei Lincei dal 1981, nella categoria geofisica. Anni dopo, mi permisi di suggerire al Presidente dell'Accademia, un famoso fisico romano con il quale avevo confidenza, di cooptare Funiciello. Mi rispose che era un'ottima idea ma, qualche settimana dopo, mi fece sapere che gli accademici della categoria geologica non erano d'accordo. Renato non seppe mai di questa mia iniziativa anche se son sicuro che ci avrebbe riso sopra. Non commento su questo: sulla base dei risultati scientifici e accademici sarebbe troppo facile fare paragoni sgradevoli.
Ricordo il giorno tristissimo dei funerali. La Chiesa era piena di colleghi e amici. C'erano anche tanti giovani, i suoi studenti. In molti vollero ricordare Renato con interventi dall'altare, tanto che il parroco, a un certo punto, ci fece capire che a una cert'ora avrebbe dovuto chiudere la Chiesa. Tutti furono d’accordo nel riconoscere che era stato capace di trasferire la sua passione per lo studio della Terra a molte generazioni di geologi e questo è il complimento più grande che si può fare a uno scienziato. Oggi Francesca, insieme ad altri allievi di suo padre, sta procedendo con successo e intelligenza sulla strada che il grande Funik aveva tracciato e questo attenua un po' la tristezza della sua perdita prematura.
Egoisticamente, Renato mi è mancato durante gli anni del mio Calvario del processo aquilano. Sono più che sicuro che mi sarebbe stato vicino, a differenza dei molti che hanno gioito della mia sventura.
Geofisico. Accademia dei Lincei