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Mercoledì, 09 Ott 2024

Ora che tra reticenze, mezze verità e smentite l’enigma del terremoto di Ischia del 21 agosto scorso è stato finalmente sciolto, resta ancora da mettere a fuoco un aspetto importante: perché tanto affanno nel voler dimostrare l'impossibile? Perché tanta animosità nel voler difendere l'indifendibile? Cui prodest?

La spiegazione è forse più semplice di quello che possa sembrare. Sappiamo - perché lo ha scritto lui stesso - che la mattina del 22 agosto Mario Castellano, dirigente tecnologo dell'Osservatorio Vesuviano, ha recuperato i dati di tre sismografi di Ischia che erano regolarmente in funzione la notte precedente, quando è avvenuto il terremoto: dati che non erano stati trasmessi alla sede di Napoli a causa del blackout causato dal terremoto stesso. La temporanea interruzione dell'alimentazione aveva bloccato il computer che sovrintende alla trasmissione-dati dall'isola verso la sede dell'OV per tutte le stazioni: un temibile collo di bottiglia, una scelta tecnica improvvida che ha reso l'intera rete inservibile proprio nei momenti in cui sarebbe servita di più. Resta da capire come mai, se quei dati sono stati recuperati senza intralci la mattina successiva al terremoto, non si sia tentato di recuperarli già nel corso della notte, visto che il blackout era durato pochi minuti. Di certo l'INGV non è un ministero, dove si aspettano le 9 perché i corridoi si animino: e allora?

Comunque sia, a un certo punto della mattinata viene calcolato il nuovo ipocentro, quello riportato nel rapporto redatto da Castellano e fatto circolare il 29 agosto. Poco prima delle 13, il presidente dell'INGV sta per ricevere una troupe della RAI nella sede INGV di Vigna Murata.

Per lui la versione ufficiale, fortemente sostenuta dalla direttrice dell'OV, è che il terremoto ha avuto ipocentro a mare e a 5 km di profondità. Si è preparato le immagini dei profili sismici al largo di Ischia, quelli che mostrerebbero la faglia, opportunamente dipinta di rosso, responsabile del terremoto della sera precedente. Incredibilmente sembra ignorare che ormai molti sismologi esperti - all'INGV e fuori dell'INGV - sono convinti che il terremoto sia avvenuto a bassissima profondità sotto Casamicciola: una soluzione che oltre alle abitazioni demolisce la pretesa che a giocare il ruolo principale fossero state le amplificazioni di sito insieme alla estrema vulnerabilità del costruito dovuta all'abusivismo edilizio. Soprattutto, non sa che la limitatissima profondità ipocentrale e allo stesso tempo le forti accelerazioni registrate sono testimoniate al di sopra di ogni sospetto dai dati velocimetrici e accelerometrici della stazione IOCA, analizzati sempre quella mattina da Castellano.

Evidentemente, da Napoli nessuno ritiene utile informarlo, e quindi inevitabilmente Doglioni confermerà ai microfoni del TG2 delle 13 una versione dei fatti ormai superata dal riesame dei dati correttamente svolto dai sismologi dell'OV.

La frittata è fatta. Che fare? Il presidente Doglioni e la direttrice Bianco decidono di far finta di nulla e rimanere ancorati alla versione notturna della localizzazione, che pone il terremoto in mare, circa 3 km a nord di Lacco Ameno, a 5 km di profondità. In fondo, chi mai potrà smentirli? Chi ha le capacità tecniche e il coraggio di farlo?

Nel frattempo, però, sulle nostre teste sfrecciavano silenziosi i satelliti della costellazione europea Sentinel, quelli che tra le altre cose misurano le deformazioni crostali causate dalla tettonica attiva.

Un destino beffardo vuole che proprio il giorno 22 ci sia il passaggio di uno di questi satelliti, e vuole anche che nello stesso edificio che ospita l'OV a Napoli abbia sede anche l'IREA (Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente) del CNR, specializzato proprio nell'analisi di quei dati. I colleghi del CNR, probabilmente allertati anche dalle discussioni su dove esattamente andava localizzato il terremoto del 21 agosto, si mettono subito al lavoro. Sperano di poter dire la loro per dirimere la questione, anche in virtù di una certa concorrenza che esiste da sempre tra gli istituti del CNR che operano in campo ambientale e l'INGV.

Ci riescono, perché da testimonianze certe sappiamo che in poche ore producono delle mappe da cui si evince che il suolo sotto Casamicciola si è deformato tra il 16 e il 22 agosto (questi dati appaiono in un articolo pubblicato sull'autorevole rivista Geophysical Research Letters).

La deformazione è modesta ma ha un andamento decisamente regolare, potendosi così escludere che sia stata determinata da fenomeni franosi, peraltro non osservati in superficie. Se ne deduce che quella deformazione è una prova ulteriore del fatto che il terremoto è avvenuto sotto Casamicciola e che ha avuto un ipocentro molto superficiale: diversamente non sarebbe stato possibile osservare quella deformazione, vista la limitata magnitudo del terremoto.

Non abbiamo elementi certi al riguardo, ma si può presumere che ai piani alti del CNR fremessero perché questo inaspettato risultato - un vero scoop ai danni del "cugino" INGV - venisse pubblicizzato al più presto sugli organi di stampa, cosa che poi avvenne con gran squillo di trombe il successivo 26 agosto.

Il risultato era decisamente inatteso, viste le piccole dimensioni del terremoto e, quindi, dimostrava sia che la tecnica DInSAR, utilizzata ormai da un quarto di secolo per studiare i terremoti in tutto il mondo, è matura e potente, sia che i colleghi dell'IREA sono molto bravi nell'utilizzarla. E poiché l'IREA è anche un centro di competenza della Protezione Civile, non c'è dubbio che il risultato, significativo anche per le implicazioni in relazione a possibili future scosse (che sarebbero verosimilmente avvenute sotto Casamicciola e non in mare), sia stato comunicato tempestivamente sia ai tecnici di quel Dipartimento, sia ai "cugini" e vicini di stanza dell'INGV.

Il resto è storia, e quello che non è storia è facilmente desumibile dallo svolgersi degli eventi successivi.

Dopo aver tenuto duro fino al giorno 24, finalmente il 25 agosto, al cospetto della sezione Terremoti della Commissione Grandi Rischi, il presidente dell'INGV ha rivelato la nuova localizzazione - esattamente quella ottenuta da Castellano 72 ore prima - sostenendo però, all'unisuono con la direttrice Bianco e con Castellano stesso, che era stata ottenuta a valle di lunghissime e faticose prove ed elaborazioni successive: un fatto drasticamente smentito dal rapporto poi diffuso da Castellano il 29 agosto.

A pensare male si fa peccato ma ci si azzecca sempre, dice un aforisma accreditato a un noto uomo politico italiano. Se i fatti sono questi, e nessuno li ha smentiti finora, si deve concludere che i vertici dell'INGV avrebbero volentieri tenuto in vita per sempre la loro versione sulla localizzazione in mare del terremoto: con tutto quello che ne consegue sia in termini di alterazione di un importante dato scientifico, sia in termini di ipotesi e affermazioni su vulnerabilità e abusi edilizi. Ma l'apparire dei dati dell'IREA - oggettivamente inattesi (probabilmente quello del 21 agosto è il più piccolo terremoto della storia per cui esiste evidenza DInSAR) - ha improvvisamente cambiato le carte in tavola, costringendo presidente e direttrice ad effettuare una inversione a U che, come si sa, può essere anche molto pericolosa.

Da qui la negazione di quanto scritto da Castellano, da qui l’esigenza di sostenere che sono stati necessari altri tre giorni per riottenere un risultato già disponibile dalla mattina del 22 agosto, da qui le reazioni stizzite degli interessati quando sono stati pungolati sul tema.

Abbiamo quindi la risposta al quesito iniziale: cui prodest? Bianco e Doglioni hanno evidentemente avuto interesse a coprire l'una, il malfunzionamento dell'Osservatorio Vesuviano, da lei diretto; l'altro, a evitare la figuraccia che gli avrebbe fatto fare la rivelazione che il terremoto era effettivamente in terraferma.

Ma come potevano pensare che nessuno si sarebbe mai accorto dell'errore? A parte la novità rappresentata dai dati DInSAR, era ovvio che prima o poi la ricerca avrebbe rimesso le cose al loro posto.

Da quel momento i loro destini si sono saldati, e si è assistito a un fiorire di accuse, dichiarazioni e prese di posizione indegno di due ricercatori. Il 29 agosto ad esempio, al cronista del Mattino che le chiedeva se non aveva considerato la possibilità di dimettersi, Bianco rispondeva:

«Tutto ciò che dovevamo e potevamo fare l’abbiamo fatto. Se avessimo omesso qualcosa, se avessimo nascosto gli aggiustamenti successivi, allora io stessa mi sentirei colpevole. Qui all’Osservatorio non ci sono stati errori. All’inizio abbiamo sostenuto la macchina dei soccorsi, poi abbiamo fatto i ricercatori e fornito dati puntuali. L’Ingv ha ottemperato ai suoi doveri di sorveglianza e di ricerca per cui non vedo ragione di dimissioni».

Quella precisazione, "... se avessimo omesso qualcosa, se avessimo nascosto gli aggiustamenti successivi ..." non può non suonare come la classica excusatio non petita. Quello che, invece, la direttrice non poteva certo dire è che se si fosse dimessa lei, il presidente Doglioni avrebbe dovuto seguirla a ruota, e forse anche la direttrice del Dipartimento Terremoti, inspiegabilmente scomparsa dai radar già dalla sera di quel 21 agosto.

Una cosa, comunque, è certa: siamo di fronte ad una vicenda gravissima, che investe il vetrtice dell'Istituto, e che – a mio avviso – rende indifferibile un intervento della magistratura e del ministero vigilante.

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Sismologo e vulcanologo
Accademia Nazionale dei Lincei
Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana

 

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