di Rocco Tritto
Marco Paolini, noto drammaturgo, scrittore, regista e attore, con un lungo articolo apparso su La Repubblica di domenica 22 settembre, ha voluto ricordare, a cinquant’anni di distanza, una delle pagine più tragiche del storia d’Italia del secolo scorso: il disastro della diga del Vajont che, nel 1963, alle 22 e 39 del nove ottobre, provocò 1910 morti, di cui 1450 nel solo comune di Longarone. Ad essere colpite furono anche numerose altre comunità tra le quali Erto, Casso, Castellavazzo e Codissago.
Ma, a un certo punto, Paolini è andato oltre, intravedendo “qualche elemento che accomuna” la tragedia del Vajont a quella del terremoto che sconvolse L’Aquila il 6 aprile del 2009.
Per entrambe le vicende, si sono celebrati dei processi, sino alla Cassazione per il Vajont, finora in primo grado per il terremoto in Abruzzo.
”Come i grandi giornalisti, forgiando l’opinione pubblica nel 1963, offrivano giustificazioni ai responsabili della tragedia del Vajont, così – scrive Paolini – la comunità scientifica, nel 2012, scomodava persino Galileo e il suo famoso processo per eludere giudizi sull’operato dei propri componenti. La comunità scientifica – chiosa Paolini – mal sopporta valutazioni sull’operato dei propri membri da parte della giustizia, si sente incompresa e reagisce come lesa maestà, negando le accuse”.
Per Paolini, a differenza del Vajont, gli scienziati imputati a L’Aquila non sono stati condannati per il mancato allarme, “ma per aver fornito assicurazioni rassicuranti, con esito disastroso”.
“Gli aquilani – continua Paolini – si erano abituati a convivere con il terremoto, quando anche quella notte la terra tremò una prima volta non uscirono di casa, erano meno spaventati perché i dottori venuti a visitarli li avevano rassicurati”. “E’ vero – puntualizza il drammaturgo – che le case non erano antisismiche … che nessuno è stato obbligato a non uscire di casa ma, anche se è dura da digerire, questa sentenza entra nel merito di una responsabilità condivisa, ci racconta di come le nostre decisioni siano influenzate da chi riteniamo esperto, autorevole, responsabile. Parla e mette in discussione il ruolo della scienza”.
Paolini accusa la Commissione grandi rischi di aver operato in maniera frettolosa, con l’unico obiettivo di rassicurare i cittadini aquilani sul fatto che ci fosse «mancanza di relazione tra lo sciame sismico in corso ed eventuali forti scosse a venire». “E questa affermazione – continua Paolini - si deve ammettere, ha una base scientifica, ma non il corollario che fu aggiunto e cioè che più scariche di energia facevano il terremoto meno probabile, allontanavano l’eventualità di una forte scossa”.
Paolini, ritiene che gli scienziati non sappiano comunicare, “quando parlano tra loro tendono a enfatizzare le oro lacune di conoscenza, quando parlano in pubblico danno l’impressione di sapere tutto”. “Ho l’impressione – afferma Paolini nel suo articolo – che in tutta questa faccenda, come nella vecchia storia del Vajont, quello che è mancato sia l’equilibrio tra dubbi e certezze. L’equilibrio è indispensabile alla comprensione. E la misura della capacità di comprendere la questione la fornisce uno degli illustri membri della Commissione grandi rischi che, dopo la condanna, in un’intervista dichiarò: «Non ho ancora capito per cosa sono stato condannato».
A fare quell’affermazione, subito dopo la sentenza emessa il 22 ottobre del 2012 dal giudice monocratico del tribunale penale, di L’Aquila fu Enzo Boschi, che il 31 marzo del 2009, all’epoca della famosa riunione della Commissione, ricopriva la carica di presidente dell’Ingv.
E a reagire all’articolo di Paolini, per quanto ci risulta, è stato soltanto Boschi, con una nota inviata tempestivamente al quotidiano La Repubblica che, però, fino a oggi, non l’ha ospitata, con ciò negando il più elementare dei diritti: quello di replica. Per questo motivo, la redazione del Foglietto ha deciso di pubblicarla, di seguito, integralmente.
L’ex presidente dell’Ingv non ci sta a subire passivamente il contenuto dell’articolo del drammaturgo bellunese e per questo ha contestato, punto per punto, tutte le affermazioni, tutte le argomentazioni e tutte le valutazioni in esso contenute.
“Caro Direttore,
su La Repubblica di domenica 22 settembre, in un lunghissimo articolo Marco Paolini ha associato la tragedia del Vajont a quella del terremoto di L'Aquila interrogandosi sulla responsabilità' della Scienza. Ritenendo anche di poter esprimere giudizi poco lusinghieri su coloro che sono stati condannati al processo di L'Aquila, da lui definiti alla stregua di massoni che si considerano al di sopra della legge.
So che Paolini e' un attore e un autore teatrale stimato. Il suo scopo e' quello di stimolare "passione e indignazione" in chi lo segue. Non può certo porsi il problema di vedere se esistono spiegazioni diverse dalle sue per gli eventi che narra perché il dubbio non "paga" in termini di spettacolo.
Guardiamo ai fatti. In un bel luogo di montagna, più o meno lo stesso per migliaia di anni, si decise di costruire una grande diga per fornire energia e creare ricchezza.
Si fecero le indagini necessarie, il progetto, la costruzione, i collaudi ... Bastava che quel luogo rimanesse incontaminato per evitare la tragedia.
Andiamo in Abruzzo: la Regione a maggior pericolosità sismica in Europa. Qui, nei secoli passati, ci sono sempre stati terremoti anche molto più distruttivi di quello del 2009 e sempre ci saranno nei secoli a venire, indipendentemente dalla nostra volontà.
Ci si può difendere dai terremoti costruendo o rinforzando adeguatamente gli edifici in cui viviamo e lavoriamo. Ma questa soluzione da noi non e' stata mai perseguita: unico Paese sviluppato dove si può morire anche per terremoti di magnitudo 6!
Costruendo si crea ricchezza e, peggio si costruisce, più ricchezza si crea. Più terremoti ci sono più case sono da ricostruire e più soldi da guadagnare.
Il denaro circola, le imprese lavorano, i politici si atteggiano a benefattori ... Chi di dovere non fa rispettare le leggi del buon costruire perché le leggi sono seccature che alzano i costi e fanno diminuire i guadagni. E poi richiederebbero competenze, ahimè, poco diffuse.
Poi arriva il terremoto e, mentre alcuni ridono pensando a nuovi guadagni, tutto si scompiglia e bisogna trovare dei responsabili. Chi meglio di qualche sismologo? I sismologi non contano niente e non li difendono neanche i giornali più progressisti!
Sono stato condannato per "negligenza, imprudenza e imperizia, valutazione approssimativa e generica della portata dell'evento...". Paolini, con supponenza, ironizza "sulla misura della mia capacita' di comprendere la questione" quando affermai: "Non ho ancora capito per cosa sono stato condannato".
Non so se Paolini si riferisce proprio a me, ma io quella frase l'ho detta e la ripeto: “Non so perché sono stato condannato, dato che non ho commesso alcun reato!”. E scrivo un articolo lungo come quello di Paolini per dimostrarlo, nella speranza che qualcuno lo legga.
Non mi si può accusare di negligenza: i dati che ho presentato a L'Aquila, frutto del lavoro di centinaia di Ricercatori, rappresentano il massimo livello possibile delle conoscenze della moderna Sismologia. Non mi si può accusare di imperizia, anche perché nessuno di coloro che hanno partecipato al Processo aveva le competenze per giudicare la mia preparazione professionale. E, in verità, nessuno l'ha fatto.
L'accusa di "valutazione approssimativa" e' semplicemente ridicola. Dalla lettura delle 946 pagine della sentenza, si evince che in realtà sono stato condannato per non aver ben comunicato il rischio cui erano sottoposti gli abitanti di L'Aquila.
Gli Aquilani, quando avvertivano una scossa sismica, avevano l'abitudine di uscire di casa. Il 6 aprile 2009, un certo numero di essi non l'avrebbe fatto, proprio quella notte, perché rassicurati, secondo le testimonianze dei parenti, dalla Commissione Grandi Rischi (CGR), riunitasi a L'Aquila una settimana prima. Rassicurazioni giunte attraverso i normali mezzi di comunicazione: sopratutto radio e televisione.
E'assodato che io non ho parlato con nessun mezzo d'informazione della sismicità aquilana nei mesi e nei giorni che precedettero la scossa.
La CGR non prese alcuna decisione nella riunione del 31 marzo, alla fine della quale ci fu una conferenza stampa della quale non ne fui informato e alla quale non fui invitato né vi partecipai. Non e' dato sapere cosa fu detto, perché non esiste una registrazione dell'evento. Esistono solo immagini, senza audio.
All'interno della CGR esisteva una gerarchia ben precisa: non la convocavo io, non ne scrivevo l'ordine del giorno, non ne stilavo il verbale. Non ne determinavo la durata e, sopratutto, in base alla Convenzione INGV-DPC, non mi era consentito indire conferenze stampa. Ne ero membro in quanto Presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
Non esiste assolutamente alcun nesso fra la scelta degli Aquilani che quella notte non abbandonarono le abitazioni e quanto discusso durante la riunione della CGR una settimana prima. Ma per arrivare alla sentenza storica, che "avrebbe fatto giurisprudenza" e di cui si e’ cominciato a favoleggiare ben prima dell'inizio del processo, si e'passati sopra anche a questioni di buonsenso.
La Convenzione ufficiale tra l'INGV e la PC prevedeva che esclusivamente a quest'ultima spettasse ogni tipo di comunicazione del rischio. Ed e' giusto che sia così: la PC e' un organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il potere esecutivo più elevato.
La comunicazione in emergenza non consiste nel fare divulgazione scientifica ma nel dare indicazioni e prendere decisioni, che servano a mitigare il rischio. Indicazioni e decisioni che possono partire solo da chi ne ha il potere politicamente riconosciuto, come insegnano le disposizioni diffuse già ai tempi di Zamberletti.
La "prova" usata dal Pubblico Ministero (PM) e’ il verbale della riunione del 31 marzo 2009 della CGR, elaborato dal Capo dell'Ufficio Rischio Sismico della PC, sulla base degli appunti presi a mano, senza alcun supporto elettronico, da una funzionaria della PC stessa. Vidi il verbale nel pomeriggio del giorno del terremoto e lo firmai come atto dovuto.
Gli Aquilani hanno potuto leggerlo solo alcuni giorni dopo, su La Repubblica. Non poté certo influenzare il loro comportamento durante la notte del terremoto.
Il contenuto del verbale firmato e’ sostanzialmente corretto, nel senso che accenna a tutti gli argomenti trattati.
Dopo aver ricordato le caratteristiche della sequenza in atto e che l'Abruzzo e' fra le zone a maggior pericolosità sismica in Italia, si risponde a un quesito posto dal Presidente della CGR sulla prevedibilità dei terremoti. Quesito che, molto tempo dopo, capirò essere il solo ed unico scopo della riunione.
Affermo, e solo di questo parlo in quella riunione, che i terremoti non sono prevedibili, spiegandone il perché al Sindaco, all'Assessore e alle altre personalità presenti. Spiego la difficoltà di capire la meccanica della sorgente sismica, quindi la difficoltà' di arrivare alla previsione.
La Sismologia e' una scienza di osservazione: non può fare esperimenti, deve attendere gli eventi. Scosse forti su una stessa faglia sono (fortunatamente) rarissime: possono passare anche migliaia di anni fra un terremoto forte e un altro. Sulla stessa faglia, non nella stessa regione come ha voluto intendere il PM.
E' evidente che se si amplia la zona che si esamina, si troverà un maggior numero di faglie e, quindi, un maggior numero di scosse e, pertanto, periodi di ritorno molto più brevi per l'intera zona in questione: se consideriamo tutto il territorio nazionale, abbiamo un evento importante ogni 4 o 5 anni. Questo per dire che il ripetersi del temuto terremoto del 1703 appariva poco probabile non solo perché riguarda una struttura geologica diversa da quelle dove si stava sviluppando lo sciame ma anche perché troppo recente.
La stessa affermazione vale per la terribile scossa del 1915. Asserzioni ineccepibili e verificatesi corrette.
Ma PM e Giudice interpretano le mie spiegazioni come rassicuranti! Addirittura sembrerebbe, secondo il PM, che avrei escluso la possibilità di un terremoto, pur affermando di non saper prevedere i terremoti. Ma che scopo avrei ad affermare che una zona, che per tutta la mia carriera professionale ho definito altamente pericolosa, non presenta alcun rischio? Mi si e' risposto: "per compiacere il potere politico".
Ma un terremoto non e' come uno scandalo finanziario, che può essere tenuto nascosto per compiacere qualcuno. Non c'è niente di più drammaticamente evidente, specialmente in Italia, di una scossa sismica.
Se pur di essere "compiacente" avessi negato la possibilità di una forte scossa in una zona altamente sismica, non di negligenza o imperizia mi si dovrebbe accusare ma di incapacità di intendere e volere!
All'inizio della riunione della CGR, fu fatto l'elenco dei partecipanti: circolo' un foglio che tutti firmammo. Al processo questo foglio comparve cucito ad una versione del verbale ben diversa da quella ufficiale, versione che il Giudice ha utilizzato nella sua sentenza. Non ho ancora capito quante versioni del verbale esistano: io ne ho firmata una sola.
Per dimostrare la mia colpevolezza, il PM si e' servito anche di un mio lavoro, pubblicato nel 1995 su una prestigiosa rivista di Sismologia, stravolgendone completamente il significato. Ha di fatto processato i metodi della Ricerca. Rivendico la validità del metodo scientifico e sono pronto a sostenere le mie affermazioni fino a subirne anche pesanti conseguenze, come di fatto già mi sta accadendo.
Intendo difendere un principio per me, e per qualunque Scienziato, non negoziabile: quello della assoluta indipendenza della Ricerca, sopratutto dalla Magistratura!
Preciso, una volta per tutte, che il paragone con il Processo a Galileo non viene certo da me. E' di origine esclusivamente giornalistica.
Credo che per la prima volta sia stato fatto dal New York Times, per irridere noi italiani.
Il lavoro del 1995 "incriminato" dal PM evidenzia l'importanza nelle trattazioni statistiche del cosiddetto "clustering" temporale: un certo numero di forti terremoti in un breve, in senso geologico, intervallo di tempo.
Il lavoro si conclude avvertendo che l'elevata probabilità che emerge per l'Aquilano e' da considerare non significativa perché basata solo su tre eventi verificatisi tra il '600 e il '700, che non possono essere utilizzati per descrivere quello che succederà nei secoli successivi.
Si tratta di considerazioni specialistiche, fatte per valutare i limiti di statistiche ampiamente dibattute nel mondo accademico ma di nessuna rilevanza per le attività di PC.
Nel 2003 e' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la Mappa Sismica, che contiene tutte le indicazioni per conseguire un adeguato livello di sicurezza. Gia' nel 1998, la Comunità scientifica aveva proposto la riclassificazione di tutto il territorio nazionale non ottenendo alcuna attenzione da parte delle Autorità dell'epoca.
Le interpretazioni date dal PM di risultati scientifici per sostenere le sue tesi costituiscono un precedente grave non solo per la Sismologia ma per molte altre discipline.
La Scienza e' in continua evoluzione: risultati, validi nel passato possono venir considerati del tutto obsoleti alla luce di nuove evidenze.
Ma gli autori di quei risultati non possono certo essere perseguiti dalla Legge.
La Ricerca progredisce anche con tentativi, che si rivelano, con il procedere delle conoscenze, inappropriati. Sopratutto la Scienza, non e' onnipotente!
Quando nel 1995 scrissi in lingua inglese il lavoro "incriminato" mi rivolgevo ai colleghi di tutto il mondo, affinché lo potessero eventualmente valutare, come deve avvenire nella moderna Ricerca Scientifica, se non si vuol tornare all'ipse dixit pre-galileiano.
Il PM mi ha interrogato due volte, chiedendomi alcune spiegazioni ma senza contestarmi niente. Non ho così espresso le mie ragioni. Ho interpretato erroneamente questo suo comportamento, tanto da rinunciare ingenuamente a tutti i miei testimoni, convinto di essere assolto e di esserlo, così facendo, più rapidamente.
Il Sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente, durante il Processo ha testimoniato che era rimasto talmente impressionato dalle mie dichiarazioni sul rischio sismico della sua città, fatte da me durante la riunione della CGR, che decise di chiudere alcune scuole e di chiedere lo stato di emergenza.
Questa testimonianza e' stata ignorata. O Cialente ha commesso falsa testimonianza o io non ho tranquillizzato. Non vi e' una terza possibilità.
Non ho tranquillizzato durante la riunione, prima della riunione e dopo la riunione.
Come già detto, nel 2003 fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in cui venne ufficializzata la Mappa Sismica prodotta principalmente dall'INGV, di cui ero Presidente.
Si vede chiaramente che l'Abruzzo e' la zona a massima pericolosità.
Scopo della pubblicazione sulla Gazzetta e' quello di informare gli Amministratori delle azioni da intraprendere, per ridurre il rischio nelle Regioni, Province e Comuni di loro competenza.
Agli Amministratori era stata precedentemente fornita dalla PC una pubblicazione in tre volumi con la lista degli edifici pubblici a rischio, Comune per Comune, di tutte le Regioni più sismiche, Abruzzo compreso.
Con la pubblicazione ufficiale della Mappa si giunge al massimo contributo che la Sismologia può fornire alla Società per la difesa dai terremoti.
Essa e altre mappe molto dettagliate, ove appare la pericolosità di L'Aquila, vennero mostrate durante la riunione della CGR, ma poi non furono annesse al verbale della riunione. Durante il nostro primo incontro furono mostrate anche al PM, che le ha ignorate, come venne ignorata la testimonianza del Sindaco Cialente.
Tutto ciò, insieme al tentativo di utilizzare un mio lavoro scientifico per arrivare ad un verdetto di colpevolezza, dimostrano, a mio avviso, l'insostenibilità dell'accusa.
In ogni caso, le chiarissime Mappe di Pericolosità mostrate rendono ingiusta l'accusa di "valutazione approssimativa" della sismicità aquilana.
Quella che gli Aquilani hanno sentito come rassicurazione e' riconducibile ad una dichiarazione del Vice Capo della PC fatta prima della riunione della CGR a una TV, della quale io ho avuto notizia solo con il processo.
In essa vi si afferma che tanti piccoli terremoti impediscono il verificarsi di scosse più forti e che, quindi, la sequenza in atto non doveva destare preoccupazioni. Cosa chiaramente priva di senso, visto che in Italia abbiamo ogni anno migliaia e migliaia di piccole scosse, con la conseguenza che, se fosse vera, non avremmo mai dovuto avere scosse forti nel passato.
Ebbene il PM ha stabilito che questa affermazione, fatta indubitabilmente PRIMA della riunione della CGR, fu una conseguenza di quanto dichiarato DOPO la riunione stessa. Questo argomento, ormai noto come "lo scarico di energia" non e' stato discusso durante la riunione.
Il PM e il Giudice hanno insistito nel dire che sono convinti che i terremoti non si possono prevedere e che NON sono stato condannato per una "mancata previsione".
E allora, per quale ragione sono stato condannato? Non mi si può imputare la pessima qualità delle costruzioni: non le ho certo progettate e costruite io! Non mi si può imputare il mancato controllo del rispetto delle leggi antisismiche: compito che spetta a ben altra Autorità. Non mi si può imputare la mancanza di un'efficace organizzazione per la gestione di situazioni di emergenza: compito delle strutture di PC locali. Non mi si può imputare un'errata comunicazione del rischio: compito della PC, come già ricordato. Non mi si può imputare di aver diffuso informazioni sbagliate o imprudenti, perché ne sarebbe rimasta traccia.... Mi domando: che cosa avrei dovuto fare per non incorrere nella severità della Giustizia?
A questa domanda ho trovato soltanto una risposta ragionevole: avrei dovuto lanciare allarmi cioè prevedere il terremoto!
Posso, quindi, concludere che sono stato condannato per la "mancata previsione" del terremoto di L'Aquila del 2009, malgrado Giudice e PM concordino nel dichiarare che i terremoti non si possono prevedere!
Mi piacerebbe leggere insieme a Paolini le 946 pagine della sentenza. Penso che maturerebbe qualche dubbio sulla mia "negligenza, imprudenza, imperizia..." o, meglio, sul fatto che siano state dimostrate dal PM.
Mi permetto di suggerire di leggerne almeno una decina di pagine: dalla n. 571 alla n. 580. Quelle dove il Giudice stabilisce "in maniera scientifica" il NESSO fra quello che fu detto durante la CGR del 31 marzo e il comportamento di alcuni Aquilani nella notte del 6 aprile.
Ha notato, Paolini, che i costruttori ricevono sempre condanne miti? Condanne che possono poi essere di fatto azzerate? Ha notato, Paolini, che sono gli edifici mal costruiti che uccidono, come uccidono le dighe fatte nel posto sbagliato? E chi si arricchisce, secondo Paolini, con la costruzione di edifici e di dighe?
A uccidere non sono i terremoti, fenomeni del tutto naturali e caratteristica fondamentale del Pianeta in cui viviamo. Fondamentale perché se non ci fossero non ci sarebbero neanche i vulcani, non ci sarebbe l'atmosfera, non ci sarebbe l'acqua... non ci sarebbe la Vita. Non c'era niente di naturale nella diga del Vajont!
Ritorno sull'accusa di negligenza: alla riunione portai con me Giulio Selvaggi, che considero il miglior esperto della sismicità italiana, in particolare, di quella centro-meridionale.
Lo portai per esser sicuro di rispondere al meglio ad ogni possibile domanda. Non fu fatta alcuna domanda e nessuna risposta venne data. Tuttavia anche Selvaggi, benché non abbia nulla a che veder con la CGR e non abbia firmato il verbale, e' stato condannato!
E' giustizia questa?
Un'ultima cosa: Paolini fa riferimento, in maniera vaga e allusiva, a "prestigiosi incarichi di consulenza" e di "abuso di ruoli per vendere ...".
Per il mio impegno nella CGR, durato 29 anni, non ho ricevuto neanche un rimborso spese e non ne ho mai approfittato per vendere alcunché!
E questo Paolini potrebbe facilmente verificarlo.
Caro Direttore, La ringrazio per la sua attenzione e La prego di pubblicare questo mio testo con lo stesso rilievo dato a quello di Paolini: due pagine in uno dei più prestigiosi giornali del mondo occidentale!
Conoscendo la sua proverbiale correttezza, sono sicuro che accoglierà questa mia richiesta. Le invio i miei saluti più cordiali e i sensi della mia profonda stima.
Enzo Boschi, Geofisico”.
Peccato che, fino a oggi, Repubblica abbia disatteso la legittima richiesta del prof. Boschi, così perdendo l'occasione per dare una lezione di democrazia.