Fa discutere ciò che ha detto Draghi al tradizionale meeting di Comunione e Liberazione. Dice «SuperMario» che: "Per anni l'Unione Europea ha creduto che la dimensione economica, con 450 milioni di consumatori, portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali. Quest'anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata".
Ed ha elencato puntigliosamente la sudditanza europea a Trump sia sui dazi che sul riarmo, sia sulla guerra in Ucraina che in Palestina, perfino in occasione del bombardamento dei siti nucleari iraniani.
Nel maggio del 2022, da Presidente del Consiglio, aveva invocato il superamento del principio dell'unanimità su cui si basano le Istituzioni della Ue. A Parigi nel dicembre 2024, aveva messo il cambiamento di passo europeo in relazione alla crescita fondata su salari non più bassi e incremento della domanda interna, a cui aggiungere tante altre cose tra cui investimenti per la comune Difesa europea.
Giorgia Meloni, cui non manca il furbastro fiuto politico, non si era lasciata sfuggire l'occasione qualche mese prima di attutire, col suo modo di fare da muro di gomma, il report sulla competitività esposto da Draghi all'europarlamento il 17 settembre, incontrandolo a Palazzo Chigi il giorno dopo per attaccarsi all'invocato, da «SuperMario», debito comune. Estrapolando pro domo sua una richiesta che, nel quadro di tutte le altre, aveva ben altro significato.
Poi è arrivato Trump, che ha cambiato tutto il quadro dei rapporti internazionali erigendo la forza bruta a principio dei rapporti internazionali. Di fronte a quest'ultimo tassello, che completava in negativo tutto il quadro, la "Ue è evaporata".
Quello che non fa Draghi, dopo che la Ue ha respinto l'anno in corso sostanzialmente tutte le sue richieste e indicazioni, è dirci quali siano stati i responsabili di tanta ignavia. Quando, al termine del suo discorso, dice: "La presenza dei cinque leader di Stati europei e dei Presidenti della Commissione e del Consiglio Europei nell’ultimo incontro alla Casa Bianca è stata una manifestazione di unità che vale agli occhi dei cittadini più di tante riunioni a Bruxelles", fa torto alla sua denuncia e a se stesso. Quell'incontro è stato, invece, un momento alto del vassallaggio dell'Europa a Trump.
Non solo i sovranisti - tra cui la Meloni, propugnatrice del veto e dell'Europa delle patrie, cioè il contrario di ciò che servirebbe - ma anche quella classe dirigente politica liberaldemocratica moderata e socialista che finora ha gestito la Ue. Non solo, quindi, la povera e declinante von der Layen, ma Macron, Merz, prima di lui Scholz, e compagnia cantando.
Se oltre alla denuncia degli ostacoli economici e istituzionali da superare, non a caso rimasti tali e quali, ci si ritrae per diplomazia o altro davanti agli ostacoli politici e alle persone che li incarnano, anche la radicalità della denuncia, che pure c'è ed è amara, è destinata a finire nel nulla.
L'urgenza dei tempi per far cambiare strada alla Ue non consente di dire il peccato e non i peccatori.
In ballo in Europa c'è la democrazia, che non ammette diplomatiche reticenze.
Aldo Pirone
editorialista e scrittore
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