La polizia postale di Roma ha individuato un amministratore e un gruppo di collaboratori italiani tra i responsabili dei siti sessisti che sottraevano e diffondevano foto di donne, incluse figure politiche.
La procura potrebbe presto aprire fascicoli per diversi reati, a seguito delle denunce presentate dalle vittime.
Uno dei portali più noti, Phica.eu, è stato chiuso di recente. Al suo interno, centinaia di utenti pubblicavano insulti, commenti misogini e persino incitazioni alla violenza.
La vicenda dimostra quanto radicata e pericolosa sia la cultura online che normalizza la denigrazione delle donne, trasformando lo spazio digitale in un luogo ostile e violento.
L’indagine giudiziaria si preannuncia complicata: il sito è registrato negli Stati Uniti e i server si trovano oltreoceano. Per ottenere gli indirizzi IP degli utenti, sarà necessaria una rogatoria internazionale.
Un ostacolo non da poco, considerando che la normativa americana è molto più permissiva rispetto a quella europea sulla responsabilità dei gestori dei siti per i contenuti pubblicati.
Il contesto politico rende il quadro ancora più fragile.
L’amministrazione Trump, sostenuta da colossi come Mark Zuckerberg ed Elon Musk, si oppone da tempo alle regole europee di tutela online, in particolare al “Digital Services Act”, che mira a garantire maggiore sicurezza digitale e protezione per le vittime.
Questa vicenda non è soltanto una questione tecnica o giuridica: riguarda direttamente il diritto delle donne a vivere libere da violenza e discriminazione, anche nello spazio virtuale.
La battaglia legale diventa così parte integrante della più ampia lotta femminista per il rispetto, la dignità e l’uguaglianza.
Sara Sesti
Matematica, ricercatrice in storia della scienza
Collabora con l'Università delle donne di Milano
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