di Rocco Tritto
A sessant’anni dalla sua nascita, la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha sede a Strasburgo, ha deciso di farsi un check-up.
I rappresentanti dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa si sono dati appuntamento il 18-19 febbraio scorso a Interlaken, cittadina turistica a una cinquantina di chilometri da Berna.
All’ordine del giorno, il futuro dell’importante istituzione che rischia la paralisi, sommersa da un eccessivo numero di ricorsi. Attualmente, i fascicoli che i giudici devono esaminare sono circa 120 mila. Mensilmente, sono 2 mila i cittadini europei che si rivolgono alla Corte, un segnale davvero allarmante che mette in forte dubbio efficienza e credibilità dell’apparato giudiziario dei paesi membri.
Alla fine di un serrato dibattito, è emersa la forte volontà, per l’immediato, di riequilibrare il rapporto tra i casi in entrata e quelli evasi, di smaltire l’arretrato e di garantire che i nuovi ricorsi possano essere sbrigati in tempi ragionevoli. Per il medio termine, invece, i 47 rappresentati si sono impegnati a adottare a livello nazionale misure idonee a garantire il pieno rispetto dei diritti previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, compresa quella di poter ricorrere ai tribunali nazionali contro le violazioni della stessa Convenzione.
Un ulteriore impegno è stato che, in caso di condanna, lo Stato membro deve immediatamente adeguarsi alla decisione, evitando il perpetuarsi della violazione. Infine, è stato ribadito che la Corte non ha competenza alcuna su questioni che riguardano tradizioni e culture nazionali. Un campanello d’allarme per coloro che in Italia hanno deciso di portare a Strasburgo la querelle sul crocifisso sì o no nelle aule scolastiche?