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Lunedì, 29 Set 2025

Sono sette le regioni che andranno al voto nella parte finale del 2025 e i dati di bilancio forniscono utili elementi di valutazione sull’operato delle amministrazioni uscenti in Veneto, Marche e Calabria governate dal centro destra, Toscana, Campania, Puglia e Valle d’Aosta dal centro sinistra.

Dal 2016, insieme al bilancio finanziario ed economico-patrimoniale, le regioni approvano il Piano degli indicatori e dei risultati di rendiconto, un sistema di rapporti statistici normalizzati, costruiti secondo criteri e metodologie comuni, formato da 56 indicatori sintetici, ai quali si aggiungono 3 tabelle relative alla percentuale di riscossione delle entrate (per titolo); all’incidenza sul totale delle spese (per missioni e programmi); alla capacità di pagamento (per missioni e programmi).

La trasformazione in indicatori dei dati contabili, espressi sia in termini di cassa che di competenza, permette di identificare le criticità di bilancio, a carattere strutturale o di natura contingente, come anche le efficienze, nelle diverse fasi di previsione, assestamento e rendiconto.

Attraverso una procedura di standardizzazione statistica dei principali indicatori presenti nel piano, è possibile assegnare un unico punteggio, che rappresenta la capacità di amministrazione di ogni regione in relazione alle altre, positivo o negativo a seconda che superi o meno la media nazionale.

La graduatoria non varia molto anno dopo anno, in quanto riflette caratteristiche e criticità strutturali stratificate nel tempo. Tuttavia, un confronto con un periodo antecedente, può dirci in che direzione è andata l’azione di presidenti e giunta regionale, che sono in carica da settembre 2020 in tutte le regioni che andranno al voto, fatta eccezione per la Calabria (2021).

Il Veneto, guidato da Zaia (Lega) dal 2010, è quello posizionato meglio nel 2023, in cui ha conseguito, con 4,8 punti, il quarto posto. I punti di forza sono il ridotto grado di esternalizzazione dei servizi, l’incidenza nelle missioni di spesa più rilevanti (tra cui la sanità), la capacità di riscossione e di pagamento. Al contrario, pesano il ridotto livello di investimenti, il disavanzo e le difficoltà di smaltimento del fondo pluriennale vincolato. Nel periodo considerato, il Veneto ha sempre navigato nelle parti alte della graduatoria, non scendendo mai oltre il quarto posto.

Le Marche, dove nel 2020 è stato eletto presidente Acquaroli (Fratelli d’Italia), si collocano in settima posizione, con un punteggio nettamente positivo, grazie soprattutto al ridotto stock di debiti finanziari, alla capacità di pagamento, al basso grado di esternalizzazione dei servizi. Sono però da aumentare gli investimenti, ridurre il disavanzo, migliorare la gestione del fondo pluriennale vincolato e la programmazione delle entrate correnti. Nel 2019, la precedente giunta aveva ottenuto una migliore posizione (quinto posto), ma le Marche hanno mostrato una scarsa resilienza nella gestione del Covid, scendendo al nono posto nel 2021 e ora appaiono in risalita.

In Calabria, dove Occhiuto (Forza Italia) si è dimesso con un anno di anticipo per poi ricandidarsi, il 2023 si chiude al quindicesimo posto, con un punteggio negativo (-1,2). Tra i fattori positivi, lo smaltimento del fondo pluriennale vincolato, un disavanzo di amministrazione contenuto, una discreta flessibilità strutturale di bilancio e un buon livello di investimento. Le maggiori criticità riguardano la bassa capacità di pagamento delle spese (il pagamento delle fatture commerciali è sempre in ritardo) e di riscossione delle entrate, l’elevato volume delle partite di giro e conto terzi, il disavanzo di amministrazione e la scarsa capacità di programmazione delle entrate correnti. Si tratta di fattori negativi ormai cronicizzati nel tempo, che impediscono un avanzamento nella graduatoria delle regioni.

Passando allo schieramento opposto, Emiliano (Partito democratico), al secondo mandato dal 2015, fa navigare la Puglia in territorio positivo, all’ottavo posto con 2,7 punti. Anche senza nessuna particolare eccellenza, sono molti i fattori positivi che caratterizzano la gestione del bilancio regionale e che hanno consentito di riguadagnare tre posizioni dopo la fine dell’emergenza pandemica. Da migliorare la programmazione delle entrate correnti ed elevare la capacità di pagamento.

Anche la regione autonoma della Valle d’Aosta, l’unica che non elegge direttamente il presidente, scelto dal consiglio regionale, mostra una discreta capacità di amministrazione con 0,9 punti e la undicesima posizione, risalendo dalla ventesima del 2018. A fronte di un solida situazione finanziaria, anche per la capacità di riscossione e di gestione dei residui, permangono criticità legate alla rigidità strutturale di bilancio, alla eccessiva esternalizzazione dei servizi e della spesa per il personale, in cui, a differenza delle regioni a statuto ordinario, è conteggiato anche il personale sanitario.

La Campania, governata negli ultimi 10 anni da De Luca (Partito democratico), viaggia da sempre nelle parti basse della graduatoria, al sedicesimo posto nel 2023 con -1,7 punti, in leggero miglioramento. Gli elementi di pregio non sono molti, mentre pesano lo smodato ricorso all’esternalizzazione dei servizi, il debito finanziario con conseguente pagamento di interessi passivi, il disavanzo di amministrazione, la presenza di debiti fuori bilancio.

Va anche peggio in Toscana, guidata da Giani (Partito democratico), che non va oltre il diciassettesimo posto, con -1,9 punti. A gravare sul bilancio è l’eccessivo peso del disavanzo effettivamente a carico dell’esercizio, non sufficientemente bilanciato da una buona capacità di riscossione delle entrate e che si ripercuote, tra l’altro, su una ridotta mole di investimenti, anche se non manca qualche segnale incoraggiante.

Non si può concludere questa rassegna, senza capire cosa avviene sul fronte della tutela della salute, che assorbe mediamente circa il 70% degli impegni di spesa delle regioni.

La Campania è la regione che nel 2023 ha speso maggiormente per la salute dei suoi cittadini. Anche la Valle d’Aosta ha un valore nettamente superiore alla media nazionale, mentre Calabria e Veneto sono quelle che dedicano minori risorse, anche se con risultati assai differenti. Il livello di spesa per abitante, alto o basso che sia, non è, infatti, un indicatore dell’efficienza del servizio sanitario, che deve invece tenere conto di come i soldi sono effettivamente utilizzati.

E’ interessante, però, analizzare l’evoluzione della spesa rispetto alla situazione pre Covid. Tra il 2019 e il 2023, il deflatore dei consumi nazionali è aumentato del 13% e l’inflazione del 16%, mentre la spesa sanitaria per abitante è cresciuta mediamente del 25%. In Campania, però, si è passati da 1.963 a 3.652 euro per abitante (+86,1%), una vera e propria esplosione, in parte ora anche caratterizzata dagli investimenti del Pnrr, alla quale dovrebbe trovare riscontro da parte dei cittadini la percezione di un consistente miglioramento del servizio. Di contro, troviamo la Calabria, dove la spesa nominale è cresciuta da 2.189 a 2.424 euro, appena il 10,7% in più in 5 anni, con una perdita netta in termini reali. Due situazioni opposte sulle quali riflettere.

Per i cittadini, che contribuiscono al bilancio regionale attraverso l’addizionale Irpef e l’Irap (ma non solo) e sono i fruitori dei servizi sanitari e delle altre competenze affidate alle Regioni, si tratta di informazioni utili per una scelta di voto consapevole.

Indicatore sintetico della capacità di amministrazione delle Regioni - Rendiconto 2023(*)
(*) Il Bilancio delle Regioni - Punteggi standardizzati elaborati dal Piano degli indicatori

Impegni di spesa delle Regioni per la tutela della salute (Missione 13) nel 2023 (euro per abitante)

Franco Mostacci
ricercatore statistico, analista economico, giornalista pubblicista
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