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Venerdì, 17 Ott 2025

“Noi architetti abbiamo il dannato e sacrosanto dovere ed obbligo di romperci il capo su che cosa si debba fare nell'edilizia abitativa per facilitare la vita alle donne e agli uomini (..). Fin dall'inizio volli occuparmi sempre e solo di edilizia abitativa, con tutto quello che ci vuole: istituzioni per l'infanzia, scuole, biblioteche, ambulatori... ciò che appunto si chiama edilizia sociale".

Queste poche parole riassumono il valore della professione per Margarete Schútte-Lihotzky (Vienna,1897-2000), prima architetta austriaca, testimone e protagonista dell'architettura del Novecento, che ha lavorato con la precisa coscienza della specificità del suo contributo in quanto donna.

La sua vita e la sua opera sono dedicate al miglioramento delle condizioni di vita delle classi disagiate e delle categorie deboli, in particolare di donne e bambini, fin dai primi lavori con le cooperative di interesse pubblico che realizzarono le Siedlungen operaie negli anni venti.

La sua ricerca si è allargata poi allo studio dell'ambiente domestico ed in particolare della cucina, che si è impegnata a riorganizzare secondo dimensioni ed arredi più razionali. Da questi studi è nata la cucina di Francoforte (1926-27), prima cucina "moderna", progetto che ha largamente influenzato tutta la successiva produzione di questo ambiente.

Negli stessi anni, l'impegno per il miglioramento della condizione femminile è alla base degli interessanti progetti dell' "abitazione per donne che lavorano e vivono sole", mentre gli studi sugli spazi per i bambini portano Margarete Lihotzky a progettare scuole, asili e parchi gioco secondo criteri che verranno a lungo riproposti.

Accanto alla professione c'è poi la vita politica, la resistenza antifascista, la condanna a morte tramutata in carcere a vita, sino alla liberazione nel '45, ma non ci fu mai, una distinzione tra impegno professionale, politico e civile poiché il valore della sua opera sembra trovarsi nell'indivisibilità degli sforzi, nell'inscindibilità di teorie e prassi, di pensieri ed azioni.

E tutto ciò si esprime nel "fare architettura", perché, in fondo, "all'architettura nessuno può sfuggire. Ognuno di noi si muove continuamente in spazi costruiti, interni e urbani. Questi producono in noi, in modo conscio od inconscio, benessere o disagio, tranquillità o agitazione, armonia o disarmonia...".

Per saperne di più: “Dalla cucina alla città. Margarete Schútte-Lihotzky”, a cura di Lorenza Minoli, Franco Angeli editore, 1999.

Sara Sesti
Matematica, ricercatrice in storia della scienza
Collabora con l'Università delle donne di Milano
facebook.com/scienziateneltempo/

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