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Mercoledì, 22 Ott 2025

La sabbia vale oro. Il furto, durato decenni, da noi è praticamente concluso perché è rimasto poco o niente. Ora viene perpetrato a livello mondiale. Nessuno si chiede da dove viene la malta premiscelata, che si acquista per i lavori in edilizia. Gli impatti del nostro passato sono devastanti oggi, anche se non ce ne accorgiamo.

Prendo spunto per scrivere queste righe da l’ExtraTerrestre, inserto ecologista de il manifesto del 10 ottobre scorso, che ha dedicato due pagine importantissime su questo tema che seguo e denuncio da anni.

La città di Pescara, in cui vivo, è stata realizzata tutta a spese della sabbia prelevata dall’alveo del suo fiume e dal vicino fiume Saline. Lo stesso vale per Montesilvano, Francavilla e altre città, per costruire gli edifici, riempire le fondamenta, per le strade e sottofondi stradali, per i muri di recinzione, per le ristrutturazioni.

Il fiume che vediamo oggi non ha nulla a che vedere con quello di un secolo fa, innanzitutto perché è stato totalmente dragato e canalizzato, costretto a scorrere in un alveo ristretto, su argilla e non più sulla sabbia com’era avvenuto nei millenni. L’impatto è straordinario. Le acque sono divenute perennemente torbide, l’alveo è desertificato dell’infinita quantità di vita che un fiume allo stato naturale contiene in ogni centimetro quadro.

Mia nonna mi raccontava che da giovinetta andava con le sue amiche a vendere le erbe per i cavalli al mercato delle erbe a piazza Garibaldi. Si fermavano sulla riva del fiume per far rinvenire, nell’acqua trasparente le erbe che un pò appassivano durante il trasporto. Nel frattempo erano felici di ammirare la vegetazione che rivestiva l’alveo, tutto verdissimo, in mezzo alla quale stavano “a pazzìà li Talafìne” (a giocare i delfini che entravano nella foce, ndr).

Fosso Grande alla foce dava luogo a una piscina naturale molto ampia, tutta fatta di sabbia con spiaggia perfettamente identica a quella del mare: lì ho imparato a nuotare da bambino, con vicino germani reali, tarabusi, tarabusini, aironi. I locali lo chiamavano “maraone” (etimo che richiama l’analogia ambientale con la spiaggia del mare). Si racconta che, in tempo di guerra, la produttività ittica di quel fosso, oggi distrutto, abbia sfamato tutta la popolazione locale.

La sottrazione di sabbia dai fondali fluviali comporta perdita pressoché totale di biodiversità, crollo del potere autodepurativo dei fiumi, inquinamento da sostanze solide in sospensione (argille, limo, ecc.), erosione rimontante (ricordiamoci del crollo del ponte sul fiume Tavo, con due vittime (di cui una si recava a fare accertamenti per la gravidanza), scalzamento di piloni dei ponti (che devono essere ripetutamente rinforzati alla base), perdita di terreni ripariali e dell’ecotono fluviale.

L’ecotono fluviale, come noto, è la fascia di transizione tra l’ecosistema propriamente acquatico e quello terrestre. E’ una fascia ricchissima di biodiversità, sito di riproduzione di uccelli, anfibi, pesci, rettili e dallo straordinario potere depurativo dell’acqua: rallenta la velocità di corrente e mitiga la violenza delle piene, consente la transizione terra/acqua di molti animali e l'accesso all'acqua di quelli terrestri, selvatici.

A causa della sottrazione della sabbia, molti fiumi divengono pericolosi scatenando fenomeni erosivi delle sponde che poi costringono a realizzare difese spondali, spesso in cemento impastato con…l’ultima sabbia.

L’erosione delle spiagge marine è un altro effetto scatenato dal furto di sabbia: la linea di costa infatti è un equilibrio dinamico tra la tendenza naturale del mare ad erodere e la tendenza dei fiumi a riportavi la sabbia: finiti gli apporti fluviali, si è dovuto ricorrere alle scogliere frangiflutto con spese enormi e risultati non entusiasmanti.

Tornando all’articolo apparso su L’ExtraTerrestre, a firma di Enzo Pranzini, dal titolo «Estrazioni di sabbia, furto mondiale che vale oro», l’incipit così recita: “La sabbia è, dopo l’acqua, la risorsa naturale più sfruttata al mondo, con un prelievo di circa 50 miliardi di tonnellate all’anno. Non sorprende quindi che al mercato legale se ne affianchi uno illegale, che per valore è il terzo dopo quello della droga e quello della contraffazione”.

Oltre che sugli aspetti dell’impatto, sulle mafie che in vari Paesi del mondo governano il prelievo illegale di sabbie, l’articolo riporta di omicidi, mutilazioni, soprusi nei confronti di quanti (contadini, pescatori, ambientalisti) cercano di opporsi, nell’inerzia dei governi del mondo attenti solo allo “sviluppo economico”.

Mi pongo la domanda se sarebbe stato possibile agire in maniera diversa. La risposta è sì: le colline geologicamente di éra quaternaria dell'intera costa adriatica, ad esempio, hanno lo stesso materiale e potevano essere aperte cave con il minimo impatto, prelevando dalle sommità. Ma questo non è stato fatto perché dai fiumi sabbia e ghiaia escono già lavate e il profitto vuole rapidità, mentre i governi locali e nazionali lasciano fare.

In conclusione, mi chiedo: prima di morire, vedrò una riqualificazione del fiume, seria, per l'ecologia dell'ambiente, la biodiversità, il paesaggio e per le generazioni nuove e future?

Giovanni Damiani
Già Direttore di Anpa e già Direttore tecnico di Arta Abruzzo
facebook.com/giovanni.damiani.980
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