La foto, a corredo di questo articolo, è quanto rimane di un Pino d'Aleppo, mio coetaneo, nato nel 1950 e abbattuto in questi giorni con una semplice valutazione visiva di un agronomo che ha deciso così. In diversi hanno subito la stessa sorte.
Si tagliano alberi diffusamente in tutta Italia. Quelli che fanno soldi destinandoli alle centrali di produzione di energia elettrica da biomasse dicono persino che il loro operato è sostenibile, ecologico perché trattasi di energia rinnovabile e che lo è se, per ciascun albero abbattuto, ne piantiamo uno in sostituzione.
Al di là del caso relativo alla foto in alto, intervengo per chiarire, in linea generale, perché, oggi più che mai, è un’opinione sbagliata e assurda.
Quando si brucia, ad esempio, un albero di 70 anni:
1) L’emissione di CO2 è immediata e va ad aggravare l’effetto-serra, il riscaldamento globale che sconvolge il clima e i cicli bio-geo-chimici dell’intero Pianeta;
2) Perché l’alberello impiantato in sostituzione di quello arrivi ad accumulare nel proprio organismo la stessa quantità di carbonio con la fotosintesi, occorre che passino 70 anni e noi tutto questo tempo non l’abbiamo (la crisi climatica è andata troppo oltre e abbiamo bisogno di azioni urgenti per contrastarla);
3) Gli alberi adulti in crescita assorbono molta più CO2 di quelli più giovani: con l’abbattimento di quello di 70 anni perdiamo tutto il maggiore assorbimento che esso ci avrebbe garantito se fosse stato lasciato vivere;
4) Quando si fanno tagli dei boschi col metodo del “ceduo” (pratica diffusa e che non prevede sostituzione per ciascun albero abbattuto) si espone il terreno disboscato all’erosione, con perdita non solo delle componenti minerali nutrienti delle piante (nitrati e fosfati, in primis) ma anche della componente organica (dell’humus) e del suolo vivo con la sua ricchissima componente biologica (la rete di ife fungine che connette tutte le piante nell’ecosistema e distribuisce acqua, nutrienti, soccorre le piante svantaggiate, aiuta il novellame a crescere e tanto altro...e la componente vitale ricchissima degli invertebrati, artropodi, vermi, ecc.);
5) Scompaiono anche il sottobosco vegetale tipico e i licheni sui tronchi;
6) Nelle aree disboscate a ceduo scompaiono, ancora, gli habitat, vale a dire i luoghi di rifugio, di vita, di sosta, di alimentazione e di riproduzione di rettili, uccelli e mammiferi;
7) Quando poi i tagli avvengono in aree urbanizzate, si perdono preziosi servizi ecosistemici forniti nascostamente: gli alberi sono condizionatori d’aria “naturali” perché con l’evapo-traspirazione assorbono energia dall’immediato intorno abbassando attivamente la temperatura: un albero di 70 anni svolge un’azione equivalente ad almeno 5-7 condizionatori d’aria domestici…e lo fa gratuitamente. Non fanno solo preziosa ombra, quindi, come farebbe passivamente il telo di un ombrellone;
8) E’ dimostrata l’azione delle aree vegetate con alberi e suolo vivo, nella promozione dello stato di salute della popolazione e delle più rapide guarigioni, grazie all’assorbimento degli inquinanti atmosferici e all’emissione di sostanze benefiche in tracce;
9) La vegetazione peri-fluviale svolge azione protettiva sulla qualità dell’acqua, frena l’impeto delle piene, consolida le sponde contrastando l’erosione, è spazio di vita per una grande quantità di specie: è il più grande “contenitore” di biodiversità esistente al mondo. Alcuni scienziati, non trovando parole per dare l’idea di quanto ciò sia grande, l’hanno definita “supermarket of biodiversity”.
10) Ultimo, ma non ultimo, c’è il tema della bellezza del paesaggio e degli ambienti urbani. Nel Paese che tanto ha dato al patrimonio artistico mondiale questo punto non dev’essere trascurato: è gioia per la mente.
Per questo, il Gruppo Unitario per le Foreste Italiane (GUFI) è fermamente contrario all’uso energetico delle biomasse legnose e allo sgoverno a ceduo dei nostri boschi, e si batte per fermarne la mattanza che oggi è alimentata da potenti incentivi statali.
Giovanni Damiani
Già Direttore di Anpa e già Direttore tecnico di Arta Abruzzo
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