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Sabato, 20 Apr 2024

La lettura delle considerazioni finali di un governatore di Bankitalia dovrebbe appartenere al bagaglio di chiunque voglia tenersi informato con un sovrappiù di accuratezza, visto che le analisi dei banchieri centrali sono piene di informazioni e di riflessioni utili.

Tanto più si dovrebbero leggere quando sono le ultime di un governatore che ha raggiunto la quota dei suoi mandati e perciò infila il suo messaggio nella bottiglia e la lancia nel mare magnum della nostra disattenzione senza più troppi peli sulla lingua. O, almeno, questo è l’auspicio.

Le ultime considerazioni finali del governatore Ignazio Visco, da questo punto di vista, sono una lettura assai istruttiva. L’analisi del contesto internazionale, che non è buono per i noti motivi, conduce alla conclusione che “l’emergere di fratture nelle relazioni internazionali può avere effetti duraturi, influenzando le strategie aziendali di lungo periodo, incluse quelle di localizzazione delle produzioni”. Una tendenza che si rispecchia nell’aumento significativo delle restrizioni al commercio che ha caratterizzato gli ultimi anni (grafico sopra).

Questa tendenza, che è un fatto squisitamente politico, ha chiare ricadute economiche che si traducono in “costi e tempi di aggiustamento non trascurabili” e che deve (dovrebbe) essere perseguito “senza mettere in discussione le fondamenta di un ordine internazionale basato su regole condivise e aperto ai movimenti di beni, servizi, capitali, persone e idee”. La qualcosa purtroppo confligge con la tendenza stessa: non si chiudono le frontiere alle merci se non si sono già chiuse le frontiere alle idee.

Quanto a questo, suona persino nostalgico ricordare, che “negli ultimi trent’anni l’apertura dei mercati ha fornito un contributo fondamentale al benessere, non solo economico, di un’ampia parte della popolazione mondiale. Il numero di persone in condizioni di povertà estrema è sceso da quasi due miliardi a meno di 700 milioni; l’incidenza della popolazione in condizione di malnutrizione si è ridotta nei paesi in via di sviluppo da oltre il 25 a meno del 15 per cento. Vi si è accompagnato un forte incremento dell’alfabetizzazione e la speranza di vita si è allungata in media di più di 10 anni”. E questo per la semplice ragione che l’uomo dà per scontato ciò che possiede e proprio per questo lo mette in discussione. Oggi quelli che più di tutto lamentano la globalizzazione sono gli abitanti dei paesi avanzati.

E’ vero altresì che in questi stessi paesi la globalizzazione e l’innovazione tecnologica “hanno determinato anche una minore stabilità delle occupazioni e, in alcuni casi, un aumento delle disuguaglianze, cui le politiche pubbliche non hanno saputo dare una risposta adeguata”. Ma al tempo stesso “sarebbe un errore sottovalutare i benefici dell’integrazione dei mercati, in particolare in un’economia aperta come la nostra”.

D’altronde è noto che si procede per errori e aggiustamenti. E sapere che abbiamo già commesso un errore nella gestione della complessità della globalizzazione rende assai probabile il fatto che ne commetteremo altri adesso che pensiamo di dover far qualcosa per provvedere.

Tralasciamo la lunga allocuzione dedicata all’inflazione, della quale è stato detto tutto ciò che era possibile dire e che adesso dobbiamo solo sperare di riuscire a domare. Le aspettative sono ancora buone, ma le retribuzioni no, e questo è un chiaro problema che aggiunge tensione al contesto internazionale. Si tende ad avere meno pazienza quando si vede crollare il proprio potere d’acquisto.

Su questo fronte c’è da aspettarsi solo denaro più caro, anche se i tassi reali ovviamente rimangono ben al di sotto dei nominale. Non tutta l’inflazione viene per nuocere.

Riguardo a un altro grande tema del nostro tempo – il futuro dell’Ue – Visco ha le idee chiare: “L’introduzione di una capacità di bilancio sovranazionale, assente nella proposta di riforma della Commissione, consentirebbe di gestire in modo più efficiente sia shock che colpiscono singoli paesi, sia eventi avversi comuni a tutti, come la pandemia e la crisi energetica”.

Ma siccome sa altresì che il clima politico è avverso – non si innalzano restrizioni se non si sono già ristrette le idee, lo abbiamo già detto – il governatore si rassegna al pragmatismo “prendendo spunto dagli strumenti varati durante l’emergenza pandemica: ad esempio, progettando forme di finanziamento comune degli stabilizzatori automatici, come è già avvenuto con il programma di prestiti per le misure di contrasto ai rischi di disoccupazione”. A un banchiere non si può chiedere di più. E purtroppo non si vedono politici capaci di visioni più ampie di questa.

Delle banche ci importa poco, almeno adesso. L’evoluzione del settore bancario è sicuramente una questione strategica, ma è roba da addetti ai lavori e ci sarà sicuramente modo di riparlarne. Delle parole di Visco vale la pena ricordare quelle più vicine alle questioni che ci riguardano più da vicino. Che parlano di noi italiani.

Abbiamo, ad esempio, “mostrato una notevole capacità di resistenza e reazione” alle avversità. E questo è un sicuro titolo di merito. “Anche il mercato del lavoro ha pienamente riassorbito il forte calo dell’occupazione, che aveva soprattutto riguardato i giovani e le donne”, aggiunge. E questo è un secondo.
E tuttavia non è tutto oro ciò che riluce. “La quota di lavoratori con retribuzioni annue particolarmente basse – convenzionalmente inferiori al 60 per cento del valore mediano della distribuzione, pari oggi a 11.600 euro annui – è ancora salita, fino al 30 per cento, dal 25 degli ultimi anni del secolo scorso”. Diciamolo meglio: quasi un lavoratore su tre guadagna meno di 11.600 euro l’anno. Lordi.

Sembra incredibile, e probabilmente lo è: siamo anche il paese dell’evasione diffusa. Mentre risulta molto credibile che “con la maggiore diffusione del lavoro temporaneo e di quello a tempo parziale è sensibilmente aumentato il numero di quanti oggi hanno un impiego solo per una parte dell’anno”. E aggiungiamo pure che “la quota di giovani che dopo cinque anni ancora si trova in condizioni di impiego a tempo determinato resta prossima al 20 per cento”. Da qui l’idea di un salario minimo, che Visco, attento al mainstream come tutti i banchieri centrali cita.

Ma è solo un attimo. Perché la vocazione autentica traspare quando ricorda che “l’aumento dei redditi e un deciso miglioramento delle opportunità di impiego richiedono un innalzamento della qualità e della capacità produttiva dell’intero sistema economico, oggi ancora più necessario alla luce dei
cambiamenti demografici in corso”. Quanto a questo, basta osservare i due grafici sotto per capire di cosa stia parlando Visco.

Traduco per chi non ama le figure: l’Italia si caratterizza per un livello ancora carente di lavoratori con istruzione superiore e per giunta con la prospettiva di veder diminuire la sua forza lavoro a causa dell’invecchiamento della popolazione. Messe insieme, le due cose – e tralasciamo per amor di patria le conseguenze sul welfare – non dicono nulla di buono per il nostro futuro economico.

Somiglia invece a un pio desiderio l’auspicio di un “innalzamento della qualità della pubblica amministrazione”. E come dovremmo riuscire, se abbiamo pochi giovani e persino poco istruiti? E poi c’è il fisco cervellotico e disomogeneo, la cui possibilità di riforma è complicata da una situazione fiscale parecchio tesa, che impone peraltro una riduzione significativa del nostro debito pubblico.


Serve, per concludere “una ampia strategia di lungo periodo per agevolare la trasformazione della nostra economia”. E soprattutto “spetta proprio ai più giovani, meno condizionati dal passato (e sempre meno, ndr), immaginare quel mondo, individuarne le opportunità. Andranno ascoltati, aiutati dalle altre
generazioni a formarsi, senza vincoli, per tradurre in interventi realistici gli schemi che sapranno elaborare per un mondo futuro, non più povero, ma più sicuro e più giusto”.

Le ultime parole famose, appunto.

maurizio sgroi tondo 130x130 cMaurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del recente libro “La storia della ricchezza”
Twitter @maitre_a_panZer
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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