Quando parliamo di globalizzazione finanziaria stiamo usando una parola piena di sottintesi, alcuni dei quali si svelano solo a patto di esercitare con pazienza un lavoro di ricerca e analisi, che per fortuna molti osservatori conducono ogni giorno per la gioia di chi vuole saperne di più.
La Bis di Basilea, che ci accompagna in questa ricognizione, oggi ci consente di apprezzare un termine che con la globalizzazione finanziaria ha molto a che vedere ma del quale solitamente si parla poco: l’interconnessione. 
Potremmo definirla come la capacità di far danni, se non suonasse irrispettoso in un argomento così tanto serio. O di generare profitti, che in fondo dei danni sono il lato luminoso. Più formalmente potremmo definire l’interconnessione come la capillarità che un soggetto finanziario esprime all’interno del sistema finanziario. Si potrebbe pensare che una grande banca internazionale corrisponda perfettamente a questo identikit. Ma in realtà la Bis osserva che sono i grandi gestori patrimoniali, che agiscono a livello internazionale quelli più profondamente interconnessi. Hedge fund e fondi di investimenti (grafico in alto a destra) sono fra i campioni che esibiscono questa caratteristica.
E questo spiega bene perché nella storia queste entità siano state sempre associate a momenti di turbolenza, quando le cose vanno male. “Quando l’appetito per il rischio è alto, le posizioni transfrontaliere degli investitori globali probabilmente si accumulano rapidamente. Ma possono disfarsi improvvisamente, portando a vendite forzate e forti cali dei prezzi delle attività in mercati diversi. In entrambe le fasi, significativi flussi transfrontalieri da parte dei gestori patrimoniali possono incrementare i co-movimenti tra paesi nei mercati finanziari”, sottolinea la banca.
Una conseguenza interessante di questa crescente interconnessione è che potrebbe avere in qualche modo “sincronizzato” i rendimenti nei paesi chiave della globalizzazione finanziaria. “Questo è specialmente il caso per i rendimenti dei titoli di stato e gli spread aziendali”. L’interconnessione, quindi, è uno degli aspetti della globalizzazione finanziaria, anche se non l’unico. “La manifestazione più recente di questo fenomeno si è verificata nel maggio 2025, quando i rendimenti dei titoli di stato a lunga scadenza sono aumentati sincronicamente in diverse principali economie avanzate”.
Nulla di cui stupirsi, a ben vedere. Il grado di connessione del sistema è cresciuto costantemente a partire dal 2008, e la letteratura sottolinea che “gli Stati Uniti tendono a trasmettere le loro condizioni finanziarie ad altri paesi più di quanto non avvenga il contrario”.
Questo non vuol dire che gli altri paesi non abbiano capacità di “comunicare” le proprie perturbazioni. Ma solo che gli Usa sono quelli che fanno sentire di più la loro voce. Il luogo dove l’interconnessione va sentire meglio i propri echi è il mercato valutario, specie nei mercati emergenti, che tendono a prendere a prestito con bond emessi in dollari, attività che attira numerosi intermediari finanziari non bancari. E così il cerchio si chiude. Mercati sempre più interconnessi per il tramite di soggetti che hanno il rendimento come stella cometa dei propri investimenti. Il resto lo sapete già.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
coautore del libro “Il ritmo della libertà”

