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Mercoledì, 09 Lug 2025

Il diabete di tipo 2 è una delle principali emergenze sanitarie globali, con oltre mezzo miliardo di persone affette in tutto il mondo e circa 4 milioni in Italia. L'obesità è uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo del diabete e di altre patologie metaboliche, come la steatosi epatica, una condizione caratterizzata dall'accumulo di grasso nel fegato che può evolvere in malattie più gravi come la cirrosi e il carcinoma del fegato.

Un team di ricercatori dell’Università di Padova e dell'Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM) ha scoperto un nuovo meccanismo attraverso il quale una dieta ricca di grassi altera la barriera intestinale e scatena infiammazione sistemica, aumentando il rischio di malattie metaboliche come il diabete di tipo 2. Lo studio, pubblicato sulla rivista Diabetes, identifica un ruolo chiave per l'enzima PADI4 e un processo noto come NETosi.

«Abbiamo osservato che una dieta tipicamente occidentale, ricca di grassi, induce una risposta immunitaria nei neutrofili, cioè i globuli bianchi che hanno funzioni di difesa dell'organismo contro infezioni batteriche e fungine – spiega Mattia Albiero, primo autore dello studio e ricercatore del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche dell’Ateneo Patavino e del VIMM –. I neutrofili rilasciano delle strutture chiamate NETs: questi ultimi, a loro volta, compromettono la barriera intestinale, facilitando la diffusione di componenti batterici nel sangue e promuovendo l'infiammazione sistemica».

I ricercatori hanno condotto esperimenti su modelli animali e su campioni di tessuto adiposo umano dimostrando che la NETosi scatenata dalla dieta porta a un aumento della permeabilità intestinale, con conseguente propagazione di segnali infiammatori nell'organismo. In particolare, i topi privi dell'enzima PADI4 o in cui l’enzima veniva inibito da un farmaco erano protetti dagli effetti negativi della dieta ad alto contenuto di grassi.
 
«Questa scoperta apre la strada a nuove strategie terapeutiche – sottolinea Gian Paolo Fadini, Professore Ordinario di Endocrinologia al Dipartimento di Medicina dell’Università, Direttore dell’Unità di Malattie del Metabolismo e Diabetologia dell’Azienda Ospedaliera, e Responsabile del laboratorio di Diabetologia Sperimentale del VIMM –. L'inibizione farmacologica di PADI4 potrebbe rappresentare un nuovo approccio per prevenire le complicanze metaboliche legate all'obesità, come il diabete tipo 2 e la steatosi epatica».
 
La pubblicazione sottolinea l'importanza di comprendere i meccanismi alla base di queste interazioni per sviluppare nuove strategie preventive e terapeutiche. Le implicazioni di questa ricerca sono di grande rilievo per la comprensione delle malattie metaboliche e suggeriscono un possibile bersaglio terapeutico per contrastare gli effetti negativi dell’iperalimentazione e dell’obesità.

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