I risultati di uno studio, pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista scientifica Science Advances, potrebbero migliorare, in futuro, la precisione dell’evoluzione di eventuali pandemie.
Un team internazionale di ricerca, coordinato da Nicola Perra (School of Mathematical Sciences, Queen Mary University of London) e condotto in collaborazione con Adriana Manna (Central European University), Lorenzo D'Amico (Fondazione Isi), Michele Tizzoni (Università di Trento) e Márton Karsai (Central European University e Rényi Institute of Mathematics), ha realizzato un nuovo modello epidemico che, accanto ai tradizionali fattori di cui si tiene conto nella propagazione dei contagi, come possono essere l’età e il luogo di interazione, introduce anche variabili socioeconomiche quali reddito, grado di istruzione, etnia, occupazione.
Secondo gli autori dello studio, questi fattori svolgono un ruolo significativo nel modo in cui le persone interagiscono e rispondono alle misure di salute pubblica, per cui includendo queste variabili si possono creare modelli più realistici che riflettono meglio i risultati delle epidemie nel mondo reale.
«Durante la pandemia da covid – spiega Michele Tizzoni (foto a sx), ricercatore presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento, con formazione scientifica in Fisica e pregressa esperienza lavorativa alla Fondazione Isi di Torino, dove già si occupava di avvicinare i concetti di epidemiologia sociale a quelli dei sistemi computazionali – abbiamo scoperto che in diversi paesi nel mondo la capacità di aderire alle misure di lockdown è stata molto diversa a seconda del reddito delle persone. Chi era più benestante ha avuto la possibilità di aderire alle misure restrittive più facilmente, perché poteva permetterselo. C’erano invece altre persone con un livello di reddito più basso che non potevano permettersi di restare a casa e non lavorare. Ci sono state disuguaglianze enormi».
I modelli elaborati sono stati testati su dati reali riferiti alla diffusione della pandemia da Covid 19 in Ungheria. Le informazioni sono state raccolte attraverso dei sondaggi che indagavano non solo l’età dei partecipanti, ma anche il loro stato socio-economico.
I risultati mostrano come l'inclusione di indicatori socioeconomici fornisca stime più accurate dell’andamento della malattia e riveli disparità cruciali tra diversi gruppi sociali.
I ricercatori hanno dimostrato come il loro “framework” potrebbe quantificare le variazioni nell'aderenza agli interventi di protezione non farmaceutici, come il distanziamento fisico e l'uso della mascherina nei diversi gruppi sociali. E hanno scoperto che trascurare questi fattori nei modelli non solo altera la diffusione delle malattie, ma oscura anche l'efficacia delle misure di sanità pubblica.
«Potremmo definire quali sono i gruppi sociali più a rischio e identificare politiche sanitarie di intervento e di prevenzione mirate», conclude Tizzoni.

