Nel suo ultimo rapporto annuale sulla situazione del paese, l’Istat ci ricorda una cosa che viene ripetuta pressoché costantemente: l’Italia non è di fatto un paese che aiuta i giovani.
La spesa pubblica per l’istruzione, che per i giovani è come la benzina per l’automobile, è ben al di sotto della media Ue, ed è pure diminuita in rapporto al pil, mentre la spesa pubblica per il sostegno delle famiglie è la più bassa fra i grandi paesi europei.
Lo sapevamo già: nessuna novità. Così come era nota la circostanza che siamo in cima alla classifica per la spesa pensionistica. Basta scorrere le cronache e notare quanto spazio i giornali dedichino all’eterna riforma delle pensioni, e quanto alle questioni istruzioni e lavoro per i giovani.
L’esito di questa “disattenzione” è visibile osservando come di fatto l’ascensore sociale sia bloccato. Sempre l’Istat nota come i giovani cresciuti in una famiglia come meno risorse, in buona parte diventino adulti deprivati, quindi con difficoltà economiche. L’eredità familiare, insomma, ha un peso notevole in Italia, nel bene come nel male.
Questi dati economici si capiscono meglio se notiamo come il regresso dell’attenzione pubblica verso i più giovani vada di fatto di pari passo con quello della popolazione, che diventa sempre più anziana e diminuisce, visto che ormai i nati sono molto inferiori ai morti e la durata della vita si allunga. Il rapporto fra 0-14enni e over 65 nelle varie regioni italiane è più che eloquente.
In pratica in molte regioni gli over 65 hanno doppiato gli under 14. Chiaro che il bilancio pubblico registri questa situazione replicandola nei conti finanziari. Tradotto: servono più soldi per pagare le pensioni e ne servono sempre meno, anche perché le politiche non cambiano, per sostenere i giovani.
Non si tratta insomma di una semplice scelta politica, che pure è evidente: la politica, anche per ragioni di marketing elettorale non può trascurare le esigenze della maggioranza relativa dei suoi elettori.
Nel costante regredire dell’attenzione pubblica verso i giovani, tuttavia, c’è anche la componente demografica che zavorra ogni possibilità di espansione. Perché potrà anche succedere che un governo riesca a fare delle norme che favoriscano i giovani. Ma il rischio è che, una volta predisposta l’offerta venga a mancare la domanda. Ossia i giovani stessi.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del recente libro “La storia della ricchezza”
Twitter @maitre_a_panZer