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Venerdì, 05 Dic 2025

sclerosi multipla 2In Italia, sempre più persone soffrono di malattie autoimmuni, che sono caratterizzate da un grave malfunzionamento di alcune cellule del sistema immunitario. Il compito del sistema immunitario è di eliminare esclusivamente germi pericolosi per la salute, come batteri o virus; invece, nelle persone con autoimmunità è lo stesso sistema immunitario ad attaccare i tessuti sani, compromettendone la funzione.

Un importante passo in avanti per indirizzare l’immunoterapia della sclerosi multipla verso una medicina di precisione, che permetta di colpire esclusivamente le cellule del sistema immunitario diventate patogeniche, e di lasciare inalterate le cellule che invece mantengono una funzione protettiva contro i virus, come risulta dallo studio - pubblicato nei giorni scorsi sulla prestigiosa rivista scientifica “The Journal of Allergy and Clinical Immunology” - coordinato dal dottor Jens Geginat, responsabile del laboratorio di ricerca sulle malattie autoimmuni dell’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare “Romeo ed Enrica Invernizzi” (INGM), in collaborazione con il Centro Sclerosi Multipla della Fondazione Irccs Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dell’Università di Milano, diretto dal professor Elio Scarpini.

La sclerosi multipla (SM) è una tra le più gravi malattie, perché alcune cellule T del sistema immunitario aggrediscono il sistema nervoso centrale e, in particolare, il cervello, provocando una disabilità progressiva e spesso irreversibile. Recentemente sono state sviluppate delle terapie molto efficaci, che sono in grado di rallentare la progressione della malattia. Queste nuove terapie, volte a bloccare il funzionamento del sistema immunitario, hanno purtroppo effetti collaterali importanti, e, in particolare possono risvegliare dei virus latenti che vengono normalmente controllati dal sistema immunitario. Questi virus possono portare in rari casi all’insorgenza di una forma con decorso molto più aggressivo rispetto alla sclerosi multipla stessa, che può essere fatale.

Lo studio si è proposto di identificare e caratterizzare in persone con SM non trattate o trattate con dei nuovi farmaci immunomodulanti, le cellule T potenzialmente patogene e le cellule T che, invece, sono importanti perché proteggono da infezioni virali.

I ricercatori hanno dimostrato che nelle persone con SM le cellule immunitarie autoreattive Th1 / 17 si espandono, attaccano il sistema nervoso centrale e promuovono le ricadute, mentre le cellule Th1 svolgono un'importante funzione di sorveglianza immunitaria, proteggendo l’organismo da possibili infezioni virali. Questi risultati sono molto rilevanti perché evidenziano, per la prima volta, un meccanismo cellulare molto importante alla base della SM e forniscono dati scientifici rigorosi che permetteranno di progettare terapie sempre più mirate e sicure.

“In questo lavoro abbiamo identificato le cellule che nei pazienti con Sclerosi Multipla diventano patogeniche, in grado cioè di attaccare la guaina protettiva dei neuroni” spiega la Dr.ssa Moira Paroni, primo autore della pubblicazione. “Inoltre, siamo riusciti a distinguerle da quelle che invece mantengono una funzione protettiva” aggiunge il dottor Jens Geginat, “e questa scoperta apre le porte allo sviluppo di terapie più selettive, e quindi con meno effetti collaterali, rispetto a quelle attuali”.

“In effetti, la criticità più importante di alcuni dei farmaci più efficaci attualmente in uso per il trattamento della forma recidivante-remittente della Sclerosi Multipla è costituito dai possibili effetti collaterali che possono provocare”, spiega il professor Elio Scarpini, che aggiunge: “Questi farmaci presentano un’ottima efficacia sotto il profilo clinico ma comportano il rischio di indurre riattivazioni virali, costringendo i medici alla sospensione del trattamento e rendendo più complicata la strategia terapeutica”.

Questo studio rappresenta, quindi, un importante passo in avanti per indirizzare l’immunoterapia della sclerosi multipla verso una medicina di precisione, che permetta di colpire esclusivamente le cellule del sistema immunitario diventate patogeniche e di lasciare inalterate le cellule che invece mantengono una funzione protettiva contro i virus.

“Questo è un altro grande esempio di ricerca traslazionale di altissimo livello grazie alla proficua collaborazione tra l’Ospedale Maggiore Policlinico, l’Università Statale di Milano e l’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare-INGM “Romeo ed Enrica Invernizzi” - commenta il professor Sergio Abrignani, direttore scientifico dell’INGM - che promette importanti progressi in campo medico, in quanto ci permetterà di lavorare su un bersaglio specifico con l’obiettivo principale di sviluppare terapie più sicure da portare in clinica il prima possibile”.

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